giovedì 30 agosto 2007

Vacanze d’agosto… sulle nostre montagne!

Dopo l’avventura del primo giorno sul Pegherolo, le mie vacanze sui monti sono proseguite mercoledì 15 agosto con l’ormai classica fiaccolata M.A.G.A. (la sigla sta ad indicare le iniziali delle quattro vette più elevate dell’Alta Val Serina: Menna, Arera, Grem, Alben), che consiste nella spettacolare illuminazione in contemporanea, la sera di Ferragosto, delle quattro cime. La salita all’Alben, vetta da noi prescelta, è avvenuta per un sentiero che non avevo mai fatto (ormai dell’Alben pensavo di conoscere ogni piega!), chiamato “Sentiero dell’Amicizia”, aperto da pochi anni dagli amici del CAI della sottosezione di Oltre il Colle e dedicato ad un sacerdote locale da poco scomparso. Il tracciato parte dallo spiazzo in località Pian della Palla, taglia la pista di sci nordico e punta diretto allo spigolo ovest della vetta “La Croce” (1.978 mt), con una salita ripida e senza respiro di 1 ora abbondante.
Sono in ottima compagnia: Elena, Lara, Michela, Marco ed il mitico Luigi, papà di Lara ed ex soccorso alpino, che ci fa da guida.
Arrivati in cima belli sudati, ad accoglierci un’allegra compagnia che in poco raggiunge e supera le 50 unità. Quest’anno c’è qualcosa in più da celebrare, il ricordo di un alpinista di Oltre il Colle scomparso a fine maggio durante una spedizione sull’Everest: Pierangelo Maurizio. Tanti amici accorsi alla S. Messa che viene concelebrata sull’altare della Croce da due sacerdoti serinesi: tra i partecipanti anche il fratello (mio vicino di casa) e Nadia Tiraboschi, compagna di spedizione dello scomparso… momenti davvero commoventi durante e dopo la celebrazione, soprattutto sulle note di “Signore delle Cime” intonate al termine.
Il momento, invece, più divertente per me ed altri partecipanti, è l’accensione delle fiaccole: bisogna infatti avventurarsi sulle creste a strapiombo e posizionare le fiaccole accese. I più funambolici sono proprio Luigi e Gabriele, il genero di Luigi. Vederli muoversi sulle rocce è per me un’emozione, io cerco a stento di imitarli ma senza mai prendermi i loro rischi!Durante l’accensione, lo spettacolo del tramonto che incendia le vette vicine e quelle più lontane, le nuvole che giocano con i profili delle creste e, all’imbrunire, ecco che le fiaccole iniziano a creare la magia! Le sagome delle quattro cime sono adesso ben visibili e disegnate da tremolanti piccole fiammelle!
Non si resta ancora molto in vetta: la temperatura cala rapidamente e noi, accese le nostre pile frontali, ce ne torniamo a valle rimirando ancora, di tanto in tanto, lo spettacolo che dura per altre 2 ore circa sulle cime.
Seguono giorni grigi… tanta acqua e temporali, ormai non credo quasi più in un’altra uscita. Ed invece l’occasione si presenta venerdì 24 agosto, quando finalmente è prevista una bella giornata! E’ da un po’ che voglio tornare sul Corno Stella (2.620 mt d’altezza, sopra Foppolo, alta Val Brembana), monte che ho salito solo una volta in una giornata di piena nebbia. Lancio ovviamente la proposta al mio compagno d’avventure… Ma Daniele questa volta vuole fare da solo e sul serio: è deciso di puntare la sveglia alle 5 del mattino per essere alle 6 a Carona ed attaccare lui, il mitico Diavolo di Tenda! Io non cambio idea, anche perché con me voglio portare Elena, Marco e mia cugina Silvia con i genitori. La nostra sveglia è più “umana”, così alle ore 8.30, lasciata la macchina oltre il piazzale degli alberghi di Foppolo, iniziamo la salita sull’ampia strada sterrata che conduce dapprima al rifugio “Montebello” e passo della Croce, per poi proseguire verso lo stupendo specchio naturale del Lago Moro e quindi trasformarsi in sentiero per raggiungere la vetta.
La giornata è davvero molto bella e fresca (9° alla partenza, 1.600 mt): la salita viene affrontata con il classico passo rilassato da passeggiata domenicale, anche perché l’allenamento dei partecipanti è un po’ da saggiare… Ma non fa niente, anzi, ci si può godere con più calma il paesaggio!
Raggiunto senza troppe fatiche il Lago Moro e scattate le prime foto di rito, il gruppo si divide: davanti i giovani (io, Elena, Marco e Silvia) mentre i miei zii ci seguono a distanza con passo più tranquillo, visti anche i problemi al ginocchio dello zio. Mando intanto un messaggio al mio amico, che immagino ormai all’attacco della piramide terminale del Diavolo… Appena poco più sopra il lago inizia a materializzarsi un panorama di quelli che si ricordano per un po’: nonostante la velatura che intanto ha tinto il cielo di un bianco uniforme, l’aria tersa permette di spingere lo sguardo fino al massiccio del Monte Rosa e del Cervino, mentre meglio distinguibili riecco le immancabili Alpi Retiche, imbiancate ancora da nuova neve caduta nei recenti giorni di maltempo. In particolare il Disgrazia è talmente nitido che sembra scolpito sullo sfondo del cielo. Silvia comincia ad avvertire un po’ di stanchezza, pur seguendomi sempre a ruota, mentre Marco ed Elena proseguono imperterriti poco dietro ad un passo costante. Un breve tratto di cresta distrae un attimo tutti dal pensiero della fatica, eppoi si scorge la croce che ormai è a 10 minuti o poco più. La raggiungo con la cugina sempre francobollata dietro di me, stanca ma soddisfatta: bravissima! Non esito a cercare subito con lo sguardo il Diavolo, che fino a questo momento è rimasto nascosto oltre il profilo del vicino Monte Chierico, ed ecco la sorpresa: anche il gigante della Val Brembana è spolverato da neve fresca… “Speriamo che Daniele sia stato ragionevole e non ci abbia provato davvero” è la prima frase che mi balza alla mente, ma poi ripensando al suo proverbiale “stai sereno!”, non posso che sorridere tra me, anche se un po’ dispiaciuto al pensiero della meta fallita per lui. Arrivano intanto anche Elena e Marco, ed è subito un “Wow” corale per la magnifica vista a 360° che si può godere, agevolata dal piatto identificativo delle varie vette visibili posto proprio vicino alla croce: Monte Rosa, Disgrazia, Roseg, Bernina, Palù, Ortles, Cevedale per citare solo i più famosi! Mentre scattiamo foto a ripetizione, alla folla che popola la larga sommità ecco che si uniscono i miei zii, arrivati pure loro con un po’ di fatica ma tanta soddisfazione. Dopo qualche panino è tempo di scendere, anche perché la costante velatura del cielo mantiene bassa la temperatura. Il pranzo viene così completato al sottostante Lago Moro, e la giornata prosegue finalmente con il sole, che nel frattempo ha vinto le sottili nubi, anche al Lago delle Trote poco più in basso. Ricevo pure l’sms da Daniele, ormai rincasato: salita abortita alla Bocchetta di Podavit a causa della neve già ghiacciata. Quest’altra bella giornata si conclude tra ringraziamenti e auguri vari al piazzale di Foppolo quando sono ormai già le 17.30.
Domenica 26 è l’ultimo giorno delle mie ferie e pure di quelle di Elena: ma vogliamo finirle in grande stile! Lei non ha mai visto le Cascate del fiume Serio e neppure è mai stata in Val Seriana… bisogna rimediare immediatamente!!! ;o)
Partiamo da Serina quando il sole è già alto e dopo la buona ora in auto tra le curve della Val del Riso ed il lungo serpentone dell’Alta Val Seriana, eccoci di fronte al cartello del paese di Valbondione… non ci posso credere! Alle 9.30 ogni parcheggio è già pieno e mi tocca lasciare la pegi proprio lì, a ben 2 km di distanza dall’inizio del sentiero, e manca solo 1 ora e mezza all’apertura delle cascate! (PS: però i 3 euri di parcheggio me li pago pure io… grazie!).
Costringo perciò la mia povera fidanzata ad una vera e propria maratona contro il tempo: il morale alto e la voglia di immortalare lo spettacolo ci spingeranno oltre la fatica! Ce la facciamo: arriviamo ai primi posti dove si avvista il “palcoscenico” dei famosi tre salti d’acqua alle 10.50: però io sono proprio un po’ “bastardo”, e voglio avere una posizione migliore… Elena inizia a scaldarsi, ma per fortuna non proseguo per molto. La sirena che annuncia l’imminente spettacolo ci fa frenare di botto, fuori le digitali e via alle danze delle foto a ripetizione! Io le avevo viste l’ultima volta 11 anni or sono, ma è sempre come la prima volta, l’emozione dell’acqua lasciata libera di cadere per tutti quei metri, infrangersi per ben tre volte in altrettanti salti con brume e nuvole di vapore è semplicemente mozzafiato! C’è gente dappertutto, ma sembra di essere soli, tu e quella enorme massa d’acqua precipitante… magnetica! Per i primi 5 minuti non ci sono parole, poi ci si sposta a destra e sinistra, in cerca di nuove angolature e ci si scambiano occhiate di consenso. Dopo soli 30 minuti lo spettacolo è in pratica finito, verrebbe quasi da applaudire quella forza della natura, ma lo stomaco vuole la sua parte e la poesia in breve finisce. Manca poco meno di un ora di cammino per raggiungere il vicino rifugio A. Curò, e convinco perciò Elena a consumare il pranzo a meta raggiunta. Tanta gente ha la nostra stessa idea, anche quando lasciamo il più facile ma più lungo sentiero panoramico per inerpicarci lungo il “rapido-ripido”! Quando scolliniamo ed il rifugio è alla nostra sinistra, la mandibola di Elena è quasi per terra: eh no, non se lo aspettava proprio uno spettacolo così… che colore ha il Lago del Barbellino??? Se lo chiedono sempre tutti, e tutte le volte ci si stupisce per quella tonalità irripetibile di verde! E giù ancora foto, mentre io mi azzanno avidamente i miei due sani panozzi. Da qui si potrebbe partire per innumerevoli escursioni e salite, ma il tempo è tiranno: ”ci torneremo con più calma” la rassicuro, e perciò ci si accontenta di un giretto lungo le sponde dell’enorme invaso del lago, mentre intorno a noi le cime ci guardano un po’ severe: a sud-ovest le imponenti sagome del Pizzo Coca e poco oltre del Redorta, a nord i ghiaioni del Torena e sopra di noi, ad est, lo strapiombante Recastello. La discesa avviene lungo il sentiero panoramico e purtroppo, dopo poco, sul tratto a strapiombo incontro dei fiori, nel punto dove solo il giorno prima uno sfortunato escursionista si è fatto un volo di 200 mt nel vuoto, perdendo la sua giovane vita… la montagna è anche questo, si sa, ma quando la morte è lì così vicina in un posto dove sembra impossibile trovarla, fa sempre riflettere: non ci si può proprio mai distrarre ne prendere alcun passo sotto gamba sui sentieri. Si scende di malavoglia, continuando a cercare qua e là l’ultima emozione da portarsi dentro, il giorno seguente, nel solito buco di ufficio… il sole che bacia le vette in una giornata splendida che sta per chiudersi nel tramonto, mi fanno come sempre lanciare il mio grazie a Lui che ha creato tutta questa maestosità! Grazie montagna!

domenica 12 agosto 2007

Pegherolo da scoprire!

Venerdì 10 agosto 2007

Pomeriggio di giovedì 9 agosto, ultimo giorno di lavoro al magazzino della SMI S.p.A.
Daniele a Diego: “domani mattina giretto sul Pegherolo?” (NDR: cima di 2.369 mt nelle Orobie bergamasche, poco sopra gli impianti sciistici di S. Simone).
Diego: “Perché no!”
Venerdì 10 agosto, ore 6.15: Diego chiama Daniele al cellulare: “ma sei proprio sicuro? Per me prima delle 10 sta già diluviando!”
Daniele: “Stai sereno!” (questa frase sarà il motto del giorno!)
Così dopo il randez-vous a S. Giovanni Bianco, i due si dirigono nella ridente località di S. Simone (ad accoglierli, alle 7.40 circa, nemmeno un cane!).
Le nuvole che hanno inseguito minacciose nel viaggio in auto i due amici, sembra si siano fermate a ridosso delle cime poco sopra la zona dei Laghi Gemelli, mentre sopra le loro teste il cielo è terso e soffia un bel vento freddo. Primi passi incerti nei prati sopra la Baita del Camoscio, ed ecco che subito si capisce come mai il nome di tale piccolo rifugio: le creste e le pietraie tutto intorno sono popolate da famiglie intere di questo stupendo ungulato. E poco più in alto si scorgono giovani falchetti intenti ad esercitarsi nella pratica dello… “spirito santo”!
Le nuvole intanto appaiono, però, anche dietro la sagoma del vicino Pizzo Cavallo, avvalorando la tesi di Diego, sempre più convinto che la giornata in montagna durerà poco… ma i due escursionisti proseguono comunque… raggiunto il Passo S. Simone, tagliano a sinistra in direzione della forca tra le due vette del Cavallo e del Pegherolo. Si comincia a studiare la cresta di quest’ultimo, che già da qui sotto ha il suo bel perché! Raggiunta la bocchetta, il vento dimostra la sua efficacia: tutte le cime vanno via via liberandosi dalle nubi e sulle sfondo appaiono svettanti e un poco spolverate di nevischio le Alpi Retiche, dove primeggiano il gruppo del Badile e Cengalo, poi più a destra la mole del Disgrazia ed ancora un po’ nascosto il Bernina. La fiducia ed ottimismo di Daniele iniziano a contagiare così anche Diego, e subito si riparte decisi in direzione dell’affilata cresta.
Alla prima catena posta a sicurezza, si chiudono le racchette telescopiche, che Daniele abbandona sul sentiero, mentre Diego ripone nello zaino, e si cominciano ad usare pure le mani (ce ne sarà bisogno per gran parte del percorso, soprattutto per Diego che, forse a causa della digestione lenta, non è molto sicuro e più di una volta, in alcuni passaggi, ricorre pure alla famosa tecnica “a cagnù” per procedere!!!).
Il tragitto è di quelli tosti: mai nulla di eccessivamente ed oggettivamente pericoloso, ma non ci si può mai deconcentrare: un passo falso o inciampo avrebbe come conseguenza un ruzzolone difficile da arrestare sulle impervie pareti a destra e sinistra della linea di cresta. Diego, solito ad aprire il cammino, lascia oggi la leadership a Daniele che è in forma smagliante! Ed ecco, circa a metà dalla cresta, il punto più difficile: una singolare roccia molto ruvida che declina impervia a destra, mentre a sinistra è praticamente verticale. Per procedere, sono state praticate nella stessa alcune tacche e/o incavi dove assicurare mani e piedi, ma non è molto semplice. Daniele passa abbastanza bene, mentre Diego a metà si blocca: o appoggiare il piede su un piccolo intaglio dove lo scarpone si ferma a malapena, oppure con un colpo di reni alzarsi e camminare sulla sottile cresta rocciosa: nessuna delle due alternative lo ispira, così per la prima volta da quando i due percorrono le vie orobiche, Diego richiama l’amico per un aiuto. Dopo l’ennesimo “stai sereno!” ed un consiglio, l’ostacolo è superato. Ora c’è anche il tempo per tentare di fotografare una marmotta che ha scelto proprio questo luogo impervio per farsi una passeggiata mattutina. Intanto si continua a lanciare lo sguardo sull’ultimo tratto di salita: un “panettone” di roccia chiara che sembra molto restio ad accogliere escursionisti. In poco si è sotto questa roccia terminale: Diego abbandona lo zaino per essere quel poco più agile, soprattutto dopo aver evinto che la prossima difficoltà da affrontare è quella catena che penzola alla sua sinistra… "mamma mia, di male in peggio!" pensa Diego, mentre Daniele è già su un bel pezzo. Ed invece, come sovente accade, ciò che sembra più complicato, si rivela poi più semplice del previsto: un’altra catena che si infila in un camino di roccia bello riparato sblocca finalmente Diego, che da bravo “ganasa” ora sopravanza pure il compagno in una salita agile. Ancora pochi salti di roccia solida ed eccoli finalmente in vetta! 45 minuti buoni di concentrazione e sforzo, ripagati da una vista mozzafiato: tutta l’Alta Val Brembana è li davanti a dar bella mostra di sé, dal sempre stupendo Diavolo di Tenda al Grabiasca, dal Pizzo Becco al Pradella fino all’Arera. Poi di là a sud-ovest, dal Resegone e le Grigne, ci si perde tra le stupende cime del Tre Signori e Trona, poi si prosegue fino al Ponteranica, ed ecco ancora sullo sfondo le Alpi Retiche. Più vicini invece il Corno Stella sopra l’abitato di Foppolo e la cima del Cadelle. Non si sa più cosa fotografare, ma è meglio non stare troppo in vetta: le nuvole che se ne sono state buone fino a quel momento, cominciano a rigonfiarsi e puntare minacciose proprio verso la zona. Il ritorno ovviamente non è più semplice dell’andata, ma il clima è un po’ più disteso, e così una volta di ritorno ai piedi del Pegherolo, i due possono tirare il fiato e valutare meglio l’impresa appena portata a termine: sicuramente una vetta impegnativa e rimunerante, di quelle da raccontare con orgoglio agli amici al ritorno. Al termine dell’escursione, un simpatico complimento i due lo tributano all’unico meteorologo che aveva creduto nel bel tempo la sera precedente: il nostro buon Regazzoni di Olmo al Brembo (esperto meteo dell’emittente locale TV Bergamo), ribattezzato il “Santo del giorno”… mitico!

venerdì 3 agosto 2007

Al Passo della Rossa

Nell’incanto del Devero
Domenica 29 luglio 2007


Ci sono posti che più d’altri ti entrano nel cuore. Le nostre montagne sono piene di luoghi meravigliosi, e l’Alpe Devero è senza dubbio uno dei più belli che abbia avuto (per ora) la fortuna di visitare. Quel posto è una vera magia. Certo nelle domeniche estive è affollato, ma basta spostarsi di pochi metri per ritrovarsi in beata solitudine. Lasci la macchina lungo la strada che termina pochi metri a valle delle prime case, dove termina l’asfalto, e ti trovi in una cartolina d’altri tempi. L’influenza della gente walser si respira a pieni polmoni, nella cura con cui sono tenute le case di legno scuro e pietra chiara addossate l’una all’altra in ognuna delle frazioni che punteggiano i margini di questa piana a 1600 metri d’altitudine; nella perizia con cui vengono curati i prati verdi e i vialetti di pietra grigia che conducono alle baite; e nel fatto che scelsero un posto così bello per stabilirvisi.
Questo mi frulla in mente quando, insieme al socio Dario, m’incammino lungo la strada bianca che attraversando la verde piana circondata come in un abbraccio enorme da una corona di alte montagne ci porterà all’attacco del sentiero. La nostra meta, il Passo della Rossa, si vede fin da quaggiù (almeno sembra…), a destra dell’affilata cresta della Punta della Rossa. La coppia di monti Cistella e Diei è alle nostre spalle, il Cervandone a sinistra, mentre verso est, alla nostra destra mi sembra di riconoscere il Sangiatto e la Corona Troggi, meta di una bella ciaspolata lo scorso inverno.
Al limitare della Piana del Devero, appena oltre le belle baite della frazione Cantone, il sentiero comincia a salire ripidamente lungo il fianco della montagna. La voce del torrente della Rossa ci accompagna lungo la salita in mezzo a radi larici, ed ogni tanto facciamo una piccola pausa non per la stanchezza, ma per voltarci a contemplare la bellezza dell’Alpe, che passo passo si svela alla nostra vista in tutto il suo splendore. Alla fine del pendio una serie di tornantini ci conduce ai Piani della Rossa, a 2051 metri, dove sotto ad un grosso masso un cartello c’indica la strada per il Passo. A questo punto il sentiero torna a salire puntando verso delle rocce biancastre, che aggiriamo su una serie di tornantini belli ripidi e ghiaiosi, oltre i quali il sentiero torna a farsi pianeggiante, in direzione di una placca verticale di granito rosso, dove comincia il divertimento. Infatti, per oltrepassare l’ostacolo c’è bisogno di mettere le mani su una scaletta di ferro lunga cinque o sei metri, dopo la quale una catenella aiuta la salita in un passaggio di rocce friabili, e l’ultima difficoltà è rappresentata da un divertente passaggio in una ripida strettoia rocciosa da superare aiutandosi con le mani…
Un alto ometto di pietre segnala la fine del pendio; siamo a circa 2400 metri, nell’insellatura fra la Punta della Rossa alla nostra sinistra e la Punta Esmeralda a destra. Davanti ai nostri occhi un paesaggio marziano, di grandi massi, pietre smosse e traballanti e rosse placche di granito levigate dall’azione di antichi ghiacciai… una meraviglia, starei qui a contemplarlo tutta la vita.
L’ultimo pezzo di sentiero attraversa questo pianoro, in saliscendi saltelliamo da un masso all’altro e camminiamo su questo granito così poroso da sembrare quasi spugna, mentre d’improvviso alcuni laghetti poco profondi compaiono come dal nulla lungo la strada, finché, dopo un’ultima breve salita, arriviamo finalmente al Passo, a 2474 metri. Un cippo segna il confine fra Italia e Svizzera, non so quanti ometti di pietra testimoniano il passaggio di tanti escursionisti, ed una freccia di vernice rossa indica la strada per il paese svizzero di Binn. Dopo una raffica di foto ai bei monti che ci circondano, ci sediamo a mangiare in un punto riparato dal vento. Peccato solo che dal versante svizzero nuvole scure nascondano il panorama che dovrebbe spaziare dal Rosa fino all’Oberland bernese… vorrà dire che dovremo tornarci in una giornata di pieno sole!!!
Ma le nuvole, oltre a questo, minacciano anche di venirci a trovare con un bel po’ di pioggia, così decidiamo di rimetterci in cammino, e salutiamo la sentinella di pietra, una roccia che vista di profilo somiglia ad un volto umano, nell’atto di scrutare in lontananza. Sarebbe bello prendersela comoda e perdersi a gustare questo ambiente così selvaggio, ma le nuvole che si addensano ci fanno aumentare l’andatura. Balzellon balzelloni riattraversiamo il pianoro per poi tuffarci nella discesa lungo la strettoia, la catena e la scaletta…
E l’ultima emozione della giornata, proprio mentre stavo pensando che l’unica nota stonata era stato il mancato avvistamento di animali selvatici, è data da un giovane camoscio che in cerca di cibo poco a valle dei Piani della Rossa, proprio dietro una curva del sentiero ci taglia la strada… bellissima chiusura di una giornata memorabile, su montagne di una bellezza profonda e incantevole.
Ci sono posti che più d’altri ti entrano nel cuore. L’Alpe Devero è senza dubbio fra questi.