sabato 22 settembre 2007

In cima alla Grignetta

Ovvero: come salire per un sentiero credendo di trovarsi da tutt’altra parte… E scoprire che quello sbagliato era meglio!

Quando, negli ultimi mesi, si doveva decidere col Brunig un giro da fare, magari anche all’ultimo momento, lui spesso tirava fuori un suo classico: “Andiamo sulla Grigna?”. Oppure una variazione sul tema: “…E la Grignetta?”. Alla fine ho ceduto alle sue insistenze, anche perché l’idea di salire in cima alle “Dolomiti di Lombardia” l’ho sempre cullata anch’io…

…Ed ecco come, in un frizzante sabato mattina, io ed il suddetto Brunig ci siamo ritrovati a Pian Dei Resinelli insieme a Diego ed Elena, per dare l’assalto alla Grigna Meridionale. Non prima, però, di aver ceduto alle lusinghe e soprattutto ai profumi del vicino bar-panetteria per il classico caffè+brioche (viva la nutella!).

Prudenza ci invita, per questa prima ascesa, ad affrontare la salita passando per la Cresta Cermenati, la via più facile, non a caso indicata come semplice “escursionistica”.

Iniziando il sentiero, notiamo le prime paline che, fra le altre vie, indicano la strada per la “Direttissima”. Pur se la tentazione è forte, restiamo sulla strada già decisa. Ma la prossima volta…

La prima parte del sentiero è morbida e facile, e ci permette ampie soste-foto. La foschia del mattino genera un bell’effetto sulle montagne in lontananza. Il risultato lo vedete qui sotto, a scopo desktop…

Continuando la salita, ecco il primo momento topico della giornata: una coppia di camosci, adulto e cucciolo, che salgono sulla cresta alla nostra sinistra. Decido di mettere alla prova la mia “compatta-digitale-mascherata-da-qualcosa-di-più” e tento di immortalarli nonostante la distanza notevole. Riesco a centrarli in cima alla cresta. Avendo dovuto pompare lo zoom digitale al massimo, la foto risulta un po’ sgranata, ma il risultato mi sembra più che soddisfacente. A voi giudicare.

Dopo la prima ora di cammino, il sentiero spiana di colpo, e ci porta sempre più a ridosso delle pareti di roccia: cominciamo ad intravedere i primi scalatori all’opera…

Il gioco comincia a farsi un po’ più duro: ben presto diventa necessario riporre le bacchette e impegnare anche le mani sulla roccia per issarci nei punti più difficoltosi. Ed è a questo punto che comincia a sorgere, in noi, il LEGGERISSIMO sospetto di avere sbagliato strada: come fa una semplice escursionistica a salire con una verticalità da “escursionisti esperti”? La riflessione continua, ma la realtà è che ci stiamo divertendo un mondo, e continuiamo a salire.

Vedendo arrivare un altro gruppo di ragazzi, rompiamo gli indugi e rivolgiamo la fatidica domanda: “Scusate, è questa la Cresta Cermenati?” Risposta: “No, questo è il Canalone Porta…”

Perfetto.

Stiamo salendo da tutt’altra parte rispetto a quello che ci eravamo prefissati. Dopo una breve verifica scopriamo di dover tornare indietro ad un bivio che, evidentemente, ci eravamo lasciati scappare, per recuperare il sentiero maestro. Bivio che, naturalmente, risulta PERFETTAMENTE evidente non appena vi torniamo…

All’attacco della Cresta (quella vera), incrociamo un signore in discesa dalla cima il quale, a nostra richiesta sulle condizioni del sentiero, risponde: “Il sentiero è facile, in un’oretta si sale, ma è una pizza mostruosa…”.

In effetti, scopriamo ben presto che il Canalone Porta era molto più divertente, anche perché, per via del ritardo, ora camminiamo sotto il sole a martello di mezzogiorno. Ed infatti, esaurisco presto le mie scorte d’acqua e mi ritrovo con la lingua felpata…

Verso l’una arriviamo in vetta, e ci piazziamo presso il Bivacco Ferrario… Chiedendoci se non ci si debba aspettare di vederlo prima o poi decollare come uno Sputnik. La foto spiega tutto!

A questo punto possiamo pranzare con tutta calma. Unico diversivo i gracchi che amabilmente svolazzano sopra le nostre teste, tra cui alcuni abbastanza temerari (e scafati) da posarsi vicino a noi, in attesa di ottenere uno spuntino di straforo. Inquadratura premio al più coraggioso!

Dopo un momento di legittimo svacco, anche in contemplazione del Grignone e del Rifugio Brioschi in lontananza, decidiamo di scendere. E qui la Cresta conferma tutta la “pizzosità” dell’andata: non finiva mai!

All’arrivo, davanti a un ben meritato trancio di pizza, maturiamo due decisioni:

1) Al prossimo giro finiremo il Canalone Porta lasciato a metà;

2) e comunque la Direttissima non ci sfuggirà! Prima o poi…

giovedì 20 settembre 2007

Sentiero ROMA... un sogno realizzato!

Trekking sul granito della Val Masino
(il più bello dei miei ultimi 10 anni!)

Lunedì 10 settembre
Ore 4.00… dal mio lettino, dove non riesco a chiudere occhio, mica ti vedo un lampo?! …subito seguito da alcuni tuoni in lontananza… "ma dai, con tutte le previsioni meteo che mi son visto, mai una che c’azzecca!"
Ore 5.40: mi alzo un po’ dubbioso, guardo il cielo… tutte nuvole… "Vabbé, ormai siamo in ballo, balliamo!" Zaino già pronto, carico tutto in macchina ed alle 6.30 raggiungo Daniele a S.Giovanni Bianco, che i tuoni non li ha nemmeno sentiti… ed il cielo va rasserenandosi… Via, si parte verso un’avventura tanto pensata e desiderata!
Dopo non poca strada, salite e discese ed ancora salite, eccoci poco sopra Filolera Val Masino, dove lascio la mia 206, poi salto sulla Meriva di Daniele fino alle terme di Bagni Masino.
Questo posto l’ho già visto un anno esatto fa con Elena, Bruno ed Andrea, questa volta l’itinerario è però un po’ diverso: non saliamo direttamente al rif. Gianetti, nostra prima meta, ma ci facciamo un bel giro in Val dell’Oro, che già vediamo illuminata dal sole a nord ovest e dove spicca la sagoma della Sfinge, passando dal rif. Omio, scavalcando poi il Passo del Barbacan sud-est per entrare nella magnifica Val Porcellizzo, sotto montagne quali Badile e Cengalo… Questa variante è indicata anche nella guida che nei giorni precedenti abbiamo studiato, la quale permette di evitare la partenza dalla Val Codera (rif. Brasca) e non lasciare così le nostre macchine in punti troppo distanti l’una dall’altra… ma andiamo con ordine!
Già dai primi passi capiamo che siamo in un vero paradiso di escursionisti ed alpinisti: nell’abetaia che risaliamo tra stretti tornanti, festosi scoiattoli si rincorrono sui rami e dopo solo mezz’oretta, ecco aprirsi già il sipario su quelle vette tanto famose… Badile e Cengalo, attorniati dalla Punta S. Anna e dal Pizzo Porcellizzo, si stagliano su un cielo turchese! Il sentiero piega però a sinistra e ci inerpichiamo sotto pareti che iniziamo ad apprezzare di puro granito (questo minerale ci farà compagnia per un bel po’…!)
Quando usciamo dallo stupendo bosco d’abeti, il sole è già alto e bello caldo, il rifugio Omio è ormai in vista, ma Daniele accusa i miei stessi problemi di digestione sperimentati ad inizio agosto sul Pegherolo… Raggiungere il primo rifugio diventa così già un’impresa, ma grazie ad un buon the caldo preparato dal solitario rifugista (NDR: mamma mia che solitudine deve vivere il gestore dell’Omio… non passa un’anima in questo periodo!) il malanno sembra superato.
Iniziamo così a salire sul serio, sotto un sole sempre più bruciante. Le catene fisse che agevolano la salita al Passo di Barbacan Sud-est sono facili, ma la pendenza non scherza, così tra un “tiro” e l’altro possiamo pure apprezzare l’ascensione alla Punta Milano, poco distante, di alcuni scalatori. Quando raggiungo il passo, è ormai la una del pomeriggio: estraggo avidamente dallo zaino pane e prosciutto acquistati a Morbegno, e dopo aver preparato il pranzo per me e Daniele, mentre lo aspetto, fotografo senza sosta da nord a sud, da est a ovest… Il Pizzo Ligoncio e la sagoma della Sfinge che sovrastano la Val dell’oro ad ovest, a nord est le rocce del Barbacan che come delle quinte di pietra svelano e nascondono quel monolite di granito del Badile, sotto il quale già si scorge la Gianetti.
Trangugiato il nostro pasto, ci abbassiamo sempre con l’aiuto provvidenziale delle catene fisse dal passo, e mettiamo così piede nella maestosa e meravigliosa Val Porcellizzo. Daniele fa scorta d’acqua, che non manca certo, mentre io continuo a “sparare” foto a raffica. In breve eccoci alla nostra prima tappa, a quota 2.534 mt: manca poco alle 15.00 ed alcuni muratori lavorano rumorosamente al nuovo ingresso del rifugio, rovinando un po’ la magica atmosfera del posto… ma non si può avere tutto, anzi, tanto di cappello a questi uomini che lavorano in un ambiente non proprio confortevole!
Preso “possesso” della camera nel rifugio, tra un bagno dell’ultimo sole e qualche balzo sugli enormi blocchi di granito sotto le vette, tiriamo l’ora di cena, servita dal rifugista “barba” (Andrea se lo ricorda di certo…!) verso le 19.00.
La stanchezza non è poca, ed infatti dopo cena Daniele è già raggomitolato nelle coperte. Io lo imito poco dopo, non prima di aver immortalato le tenebre che scendono sulle cime e la valle, assieme a qualche nuvola proveniente dal versante svizzero.

Martedì 10 settembre
… il termometro segna – 1°… il barometro una pressione in discesa… dalla Svizzera giungono nuvole minacciose… “STAI SERENO!!!”
Ti pareva che il mio socio non me la menava ancora con il suo solito motto!?!
Scendiamo in sala da pranzo e consumiamo una leggera colazione a base di the e fette di pane e marmellata. La sorpresa non molto gradita è il conto… non tanto la mezza pensione, quanto i panini per il giorno… 5 € l’uno??? Per poi scoprire che il pane è pure raffermo… vabbé!
Usciamo dal rifugio, verso le 8, in un aria surreale: il cielo è tagliato di netto in due parti. Da nord le nubi avanzano veloci, ma si infrangono contro un vento proveniente da sud che spazza il cielo meridionale. A differenza del giorno prima, quando le nostre Orobie apparivano immerse nelle nubi, oggi sono completamente sgombre. Seguiamo lentamente il sentiero che, quasi sempre pianeggiante, si avvicina a quello che viene indicato come il punto più difficile dell’intero Sentiero Roma: il Passo di Camerozzo. In effetti, quando ci si avvicina, quella forma ad uncino delle rocce incute un poco di timore… aggiungi poi che a noi ci si presenta nel bel mezzo di una nevicata! Le nuvole, infatti, portano con se del nevischio raccolto molto probabilmente dai versanti settentrionali. Superato il caratteristico bivio per il passo di Bondo (caratteristico perché si trova nei pressi di un grande masso tagliato in due in modo tanto perfetto da sembrare innaturale), il sentiero comincia a salire verso il Camerozzo, dapprima su terreno ghiaioso, poi su bei gradoni di… guarda un po’! granito, per poi lasciar spazio alle catene fisse, rese gelate da una notte di vento. Raggiungere il valico richiede un po’ di sforzo, ma anche soddisfazione. La vista sulla valle del Ferro che si apre è davvero suggestiva, mentre la sagoma del lato ovest del Disgrazia là in fondo rende ancor più selvaggio il panorama. L’occhio corre però immediatamente a verificare la difficoltà della discesa, che all’inizio non sembrerebbe poi tanto accentuata. Visto che il nevischio non accenna a diminuire, senza molti indugi ci caliamo abbastanza rapidamente, ma con molta attenzione, sulle catene ad est del passo.
Dopo i primi passaggi più facili su roccia sana, ecco una diagonale abbastanza impegnativa, superata però senza particolari problemi; segue poi un lungo e più tranquillo perdere di quota su un misto di roccette e magri pascoli impervi, dove però non penso animali domestici abbiamo mai messo… “zampa”. Intanto il sole a fatica cerca di vincere la sua battaglia con le nuvole, regalando qualche attimo di calore in un clima ancora freddino.
Quando, scendendo a marcia indietro, iniziamo ad intravedere la base del passo alla nostra destra, e sembra di esser quasi alla fine della fatica, ecco il tratto più impegnativo: una stretta cengia la quale, in alcuni punti, si riduce ad un intaglio nella parete di granito che precipita a valle. Senza quasi rendermene conto, mi ritrovo con il mio zainone che dondola sopra 150 mt ca. di salto nel vuoto, mentre Daniele, che mi precede nella discesa, un po’ divertito, trova pure il modo di immortalarmi nella mia “perfetta” tecnica di discesa! Paura no, ma dopo più di 20 minuti attaccati ad una catena, le braccia sono un attimo indolenzite, e questo accentua la tensione. Poi finalmente si ricomincia a camminare “da cristiani”: riguardare da dove si è scesi genera un poco di impressione, ma anche di orgoglio… siamo davvero ‘EE’ (Escursionisti Esperti!).
Superiamo a balzi ora decisi, ora un po’ più stanchi, l’ampia Valle del Ferro, caratterizzata da sempre più grossi massi, in direzione del prossimo ostacolo: il Passo Qualido. Lasciato alla nostra destra il Bivacco Molteni-Valsecchi, finalmente il nostro trekking viene confortato dal sole e dal cielo sereno, che hanno orgogliosamente vinto la guerra alle nubi svizzere, sparite dietro i tre Pizzi del Ferro, signori della valle. La salita al nuovo passo è molto più tranquilla della precedente, e lo sarà pure la discesa nella prossima valle, la Val Qualido. Sullo spartiacque ecco apparire tante nuove ed importanti cime: la cima di Zocca, poi la cima di Castello ed i tre pizzi Torrone. Caratteristica è la placca liscia nella costiera orientale, una specie di curva parabolica che declina a valle. Scendiamo sempre con l’aiuto di catene fisse, che come direbbe Daniele, qui sono però più “allegoriche” e “folkloristiche” rispetto a quanto appena affrontato sul Camerozzo.
Quello che notiamo già dal giorno prima è la scarsità di animali selvatici sul percorso (solo qualche marmotta più timida delle nostre bergamasche), così come di turisti; nel senso inverso di percorrenza non incontreremo mai nessuno nei tre giorni, nel nostro senso, invece, sono in marcia quattro tedeschi che mantengono sempre 3 o 4 ore di svantaggio rispetto a noi. Strano davvero, perché gli ambienti son talmente stupendi, sia per i primi che per i secondi!
Nel frattempo è già ora di pranzo. Estraiamo con “devozione” i nostri preziosi panini (un metà finirà scagliata a valle da Daniele, impossibilitato a mangiare tale delizia…!): non possiamo però goderci molto la pausa, in quanto il vento che abbiamo prima ringraziato per aver spazzato il cielo, si è fatto sempre più vigoroso e freddo. Via allora verso l’ultimo valico del giorno: il Passo dell’Averta. Siamo un po’ stanchi, ma scavalchiamo con tenacia le ultime catene, e sopra di noi ecco svettare imponente il duomo di pietra della Cima di Zocca! A destra sfilano la punta Allievi, la cima di Castello, la punta Rasica e più in là, l’uno alle spalle dell’altro, i pizzi Torrone occidentale, centrale ed orientale. La vista di tutti questi 3000 ci fa sentire come piccoli ed insignificanti puntini. Un puntino che ora attira la nostra vista è invece quello del rifugio Allievi-Bonacossa, nostra meta giornaliera. Quando ci sembra di essere alla stessa altezza dello stesso, ecco una sorpresa: uno sperone roccioso un po' esposto su entrambi i lati, superabile con l’aiuto di corde fisse, che ci fa scendere di non pochi metri, per poi risalire con un’altra scarpinata! Il rifugio è nuovo ed accogliente (sostituisce quello distrutto da una valanga nel 2002) e noi ci sistemiamo subito nell’ampia camerata, per poi cercare sollievo nel sole del pomeriggio, dopo 6 ore di cammino.
Alla sera rientra pure un gruppo di giovani future guide alpine, impegnate nella scalata di alcune pareti limitrofe. Durante la cena, non posso fare a meno di uscire nel freddo per immortalare lo stupendo tramonto che incendia le cime che ci sovrastano, anche perché non ne posso più di sentire “esaltati” che non parlano d’altro che di… tiri (NDR: odio questa parola da quella sera!)
Anche stasera io e Daniele alle 20.30 siamo già nel nostro sacco lenzuolo e non tardiamo a prendere sonno. Ma… mi sia concessa qui una piccola polemica, che spero qualcuno raccolga… Gli “amici” aspiranti Guide Alpine arrivano nella camerata alle 22.30 e fino alle 23.45 non smettono di fare baccano, impedendo a tutti di dormire… in ogni rifugio si prega di fare assoluto silenzio dopo le 22.00… Questi ragazzotti spavaldi un domani diventeranno degli assi delle scalate, saliranno cime importanti ed impegnative…. Ma lo stare in montagna è una cosa che non si apprende con nessuno allenamento ne si studia su alcun libro di alpinismo! Il rispetto è una merce sempre più rara… meglio la competizione e la gloriola personale! BUONANOTTE!

Mercoledì 12 settembre
Alle 6 del mattino qualcuno già si muove fuori dai letti del rif. Bonacossa, alta Valle di Zocca, laterale della Val di Mello… è Daniele, che forse ha dormito un po’ più del sottoscritto… ma appena lo sento, scendo prontamente dal letto a castello, ed espletati i miei “doveri d’ufficio”, lo raggiungo subito in sala mensa, dove è già pronto il nostro the.
Cerchiamo subito di capire se il vento, che inesorabilmente ha soffiato tutto il giorno precedente, si è calmato, e con sollievo notiamo che fuori è una stupenda e per nulla ventosa giornata! Sistemiamo armi e bagagli ed alle 7 siamo già in cammino, mentre i nostri eroi della notte se la dormono ancora della grossa…
Le vette che poche ore prima ho immortalato incendiate dal tramonto, ora sono invece baciate dai primi raggi dell’alba, e sono sempre più affascinanti, anche per me che forse non avrò mai l’ardire di scalarle. Ci piace farci abbracciare da questa maestosità, e mentre ci perdiamo in questo tripudio di grandezza, finalmente anche due camosci appaiono poco distante e darci il loro buongiorno!
In breve siamo già al primo passo, che questa volta non dobbiamo scalare, bensì ridiscendere: siamo infatti nei pressi del Passo Torrione che ci immette nell’omonima valle. Qui possiamo anche apprezzare i lavori di sistemazione del sentiero ultimati il giorno prima da alcuni addetti, che hanno sostato con noi presso il rifugio. Ad aspettarci in fondo alla discesa, che ci abbassa di 200 mt buoni, un gruppo di pecore. Sappiamo che adesso ci aspetta la salita più dura dell’intero percorso, dobbiamo infatti risalire dagli attuali 2.300 mt fino ai 2.950 mt del Passo Cameraccio, il punto più alto di tutto il sentiero Roma… ma con una giornata così, nulla spaventa, anzi, l’aria frizzante ci fa sentire al pieno delle forze! Ed allora su a raggiungere prima il Bivacco Manzi, puntino rosso che già vediamo in alto a destra, e poi… per un attimo però tutto l’entusiasmo e la gioia ci si spengono dentro… eccola lì la lapide che ricorda la nostra conterranea, di Almenno, morta nel 2002 durante lo svolgimento del prestigioso trofeo Kima, gara internazionale di skyrunning… Lo sapevamo, ce ne ricordavamo, ma non pensavamo di trovarla così, in un punto dove sembra meno facile cadere. Dopo un pensiero ed una preghiera, continuiamo la salita in silenzio per alcuni attimi.
A farci tornare la parola è di nuovo lo stupore per quello che nel frattempo il sole sta cominciando ad illuminare: sopra le nostre teste l’impressionante parete del picco Luigi Amedeo, a destra ecco il pizzo Torrone occidentale e più a destra ancora si distingue la punta Ferrario che ruba la scena al pizzo Torrone centrale. La testata della valle è chiusa dal pizzo Torrone orientale, alla cui sinistra colpisce il caratteristico obelisco detto Ago del Torrone o Ago di Cleopatra.
Raggiunto il bivacco, riecco le nostre amiche pecore, tra cui notiamo anche quelle nere, che vengono subito a vedere se c’è qualcosa da scroccare! Lampo di genio: Daniele il giorno prima ha buttato una parte del pane, mentre io me ne sono tenuto la porzione più immangiabile nello zaino… scavando tra il carico, riesco e trovarla e subito la lancio alle lanose amiche, che si ammassano felici come scolarette e divorano il resto. Non lasciamo loro il tempo di chiedere un bis, perché siamo già alcuni metri sopra a scrutare un nuovo terreno. Sotto gli sfasciumi sui quali stiamo camminando da un momento, si svela il ghiaccio in un crepaccio che sembra una bocca dalle labbra azzurre. Siamo in breve a ridosso delle catene fisse che ci permetteranno di entrare nella nuova valle, e con tenacia, ma circospezione visto il terreno poco stabile, ci inerpichiamo anche per farci riscaldare dal sole che ci accoglierà un po’ stanchi sulla nostra vetta. ‘WOW’… ne io ne Daniele ci sappiamo astenere da questa espressione di meraviglia che ci conquista alla vista dello spettacolo che si gode da quassù! Subito lì davanti c’è la nord-ovest del Disgrazia, con la seraccata del suo ghiacciaio che si protende a valle. Tornando invece indietro, lo sguardo abbraccia più o meno tutto il tracciato del nostro trekking e le cime che lo hanno dominato. Dobbiamo telefonare alle rispettive donne per condividere questo stupendo momento, mentre consumiamo uno spuntino e ci facciamo riscaldare dallo sfavillante sole del mattino. Un po’ di riposo, e cominciamo a discendere sul massacrante terreno morenico nella sterminata Val Cameraccio, alla base della quale vediamo gli abitati della Val di Mello. Raggiungere il bivacco Kima, recente costruzione sul sentiero Roma, è cosa ben più ardua del previsto, vuoi che ci ostiniamo ad avanzare con i pantaloni invernali indossati, ma soprattutto per i continui balzi che spolpano le nostre povere ginocchia!
Quando finalmente ci sediamo all’ombra del bel bivacco, manca poco a mezzogiorno, e si decide perciò, dopo aver indossato i pantaloncini, di consumare il pranzo al sacco (NDR: un poco meglio di quello del giorno precedente….!). Ma perché ogni tanto i sentieri sono così… controcorrente? Dobbiamo ancora scendere per poi risalire, ed ora la fatica si fa davvero sentire. La nostra guida su carta stampata ci assicura che ormai le fatiche sono alla fine ed il prossimo ed ultimo passo, la Bocchetta Roma, non riserverà particolari sorprese… P…E!!! Non è mica poi tanto semplice tirarsi su di peso sulle catene che caratterizzano l’ascesa ad un altro valico a quasi 2.900 mt di quota! Gli ultimi metri li faccio quasi in apnea davanti a Daniele, che mi raggiunge e per poco non mi insulta per l’impressionante quantità di foto che ancora immagazzino, nonostante la stanchezza ed il caldo! Ma come fai a non fotografare? Adesso il Disgrazia finalmente ce l’abbiamo li sopra ad un tiro di schioppo, nel suo meraviglioso color ruggine, ricopiato un po’ più a sud dai due Corni Bruciati, anch’essi ora vicinissimi! Abbiamo il tempo per immortalare pure la nostra gioia in un bel autoscattopossiamo dire che ce l’abbiamo davvero fatta! Manca ancora una discesa, ma già pensiamo alla fortuna che abbiamo avuto, al bel tempo, ai posti stupendi visti… Sulle ali dell’entusiasmo scendiamo su terreno ancora non rilassante al sottostante rif. Ponti, dove ordiniamo quanto ci possono offrire, ovvero una fettona di torta a testa ed una bella birra fresca, non c’è brindisi migliore! Sono le 14.00, abbiamo camminato già per le 7 ore previste dai cartelli, e adesso dobbiamo scendere, ma non ci pesa, anche perché nuovi e fantastici panorami si aprono al nostro orizzonte. La Valle di Preda Rossa, a picco sotto di noi, ci stupisce per quella piana solcata da un torrente che gioca in ripetute curve nel suo color grigio-verde. Scendiamo scendiamo ed anche Daniele ora si scatena nelle fotografie, perché quella che vediamo è senza dubbio una delle più belle valli alpine mai viste da entrambi. Quando siamo sulla piana a 1.900 mt, possiamo abbracciare tutto il quadro, dalla piana stessa alla pineta sovrastante, per poi salire ai ghiacci ed ai massi rossastri di quel monte dal nome tanto inquietante, quanto affascinante! Non vorremmo più proseguire, tanto siamo rapiti da cotanto spettacolo, ma ora sotto i nostri piedi, ai quali abbiamo calzato per riposare un po’ le nostre scarpette basse da trekking, adesso comincia purtroppo l’asfalto. "Quanto mancherà per arrivare alla mia 206?" chiedo a Daniele… "molto!... volete un passaggio?" a rispondermi non è il mio socio, ma un signore con due ospiti a bordo del suo fuoristrada. "Perché no?!" rispondiamo in coro, e ci sistemiamo sul mezzo che scopriamo appartenere ad un’altra guida alpina, che sta scendendo da una salita in giornata al Disgrazia con alcuni amici. Siamo davvero fortunati, ed il nostro benefattore ce lo conferma: la discesa al punto dove ho lasciato la macchina è un interminabile strada un po’ asfaltata un po’ dissestata che ci avrebbe rubato altre due ore buone di cammino. Quando scendiamo, non possiamo che ringraziare più volte il nostro “tassista”… le Guide Alpine hanno riguadagnato il mio rispetto grazie a lui! (scherzo, mai perso!)
Ora non ci resta che recuperare la macchina di Daniele a Bagni Masino, non prima che lui abbia acquistato un po’ di prodotti tipici da portare alla famiglia. Io mi ‘accontento’ delle oltre 260 foto scattate e di 2 sassi raccolti alla Gianetti il primo giorno.
Il viaggio di rientro è un po’ malinconico, ma giunti al Passo S. Marco, verso le 17.30 del pomeriggio, mi fermo ed osservo da lontano quel paradiso, nel quale per tre giorni mi sono perso con il mio inseparabile amico e che da ora e per sempre sarà nel mio cuore e sulla retina, ogni volta che sognante chiuderò gli occhi pensando a Lei… la MONTAGNA!

(Mi scuso per la lungaggine, ma non potevo non descrivere queste emozioni… grazie per la sopportazione e… non perdete occasione per vivere la stupenda esperienza che anch’io ho vissuto! Buon trekking a tutti!)

mercoledì 19 settembre 2007

19 settembre...

mi sembra che oggi sia proprio il giorno giusto...
per fare gli auguri ad una persona speciale, ad un caro amico...
e quindi...
TANTI AUGURI BRUNO!!!

giovedì 13 settembre 2007

Una giornata di festa e panorami

E un rifugio da inaugurare…
9 settembre 2007

“Voi mi vedete così… ma è perché son contento!”
In effetti, dall’occhio di Giorgio traspare proprio contentezza.
Lo incontriamo verso le dieci di questa mattinata limpida e senza nuvole in paese a Trontano, dove è sceso in jeep per portarci su al rifugio all’Alpe Parpinasca, che ha appena preso in gestione con la sua società “Montagna e Natura”, e che sta inaugurando questo weekend.
Dopo il giro di presentazioni ed un veloce caffè, prendiamo posto sul fuoristrada e si va. Lungo il tragitto parte la chiacchiera, e Giorgio si sbizzarrisce nel raccontare i mille piccoli intoppi e scocciature di questi primi giorni da rifugista, dal baccano del generatore a gasolio del rifugio, fino alla mancanza di segnaletica lungo il sentiero (la cui partenza giù in paese non è indicata…) ed alla chiusura della strada consortile al traffico (quando fino a poco tempo fa il Comune forniva i permessi per percorrerne un bel tratto)…
Tra una chiacchiera e l’altra, usciamo finalmente dal bosco per ritrovarci al rifugio, dove Orietta è la prima a salutarci, per poi dare il cambio a Giorgio nel servizio-taxi.
Il posto è veramente molto bello, affacciato com’è sulla Val d’Ossola. Si possono vedere benissimo in basso i solchi della Val Divedro, che s’incunea in direzione del Sempione e della Svizzera, e l’imbocco della Val Formazza, mentre alzando lo sguardo dritti davanti a noi si mostrano le montagne della zona del Devero, Cistella, Diei, Rossa, fino all’Arbola ed un sacco di altre che Giorgio conosce come le sue tasche, io decisamente meno. Il paesaggio è talmente bello che sembra dipinto, e dai pendii della Val Vigezzo sotto di noi si allarga come un immenso abbraccio… sono senza parole…
Sarebbe da restare qui chissà quanto a riempirci gli occhi di tanta bellezza, ma Andrea e io abbiamo anche voglia di far andare le gambette un po’ anchilosate al termine di un’estate non troppo ricca di camminate, e ci facciamo suggerire un percorso. Giorgio c’indica un colletto panoramico ad un’ora circa dal rifugio, e così c’incamminiamo in compagnia di Claudio, che era insieme a Giorgio giù in paese e che abbiamo conosciuto nell’occasione.
Dapprima rimontiamo il pendio tagliando i prati in verticale, passando di fianco ad alcune belle baite sotto lo sguardo non granché interessato di qualche vacca al pascolo, fino ad incontrare una traccia che si dirige verso la nostra meta. Il sentiero passa attraverso un altro gruppo di baite in una radura altrettanto panoramica (certo che gli alpigiani se li sapevano scegliere eccome, i posti!), poi s’inoltra nel fitto del bosco – e di ciò lo ringrazio di cuore – e risale il pendio a zig zag, senza mai essere faticoso.
A mezzogiorno siamo ai 1728 metri dell’Alpe Nava, fuori dal bosco, e non sappiamo più da che parte girarci!
Da una parte un selvaggio vallone boscoso s’arrampica verso i ghiaioni e le creste che danno verso la Val Grande, mentre dall’altra, oltre la piana di Domodossola è tutta una parata di roccia, ghiaccio e neve, con Sua Maestà il Rosa, e poi i 4000 svizzeri, il Leone, e chi più ne ha più ne metta…
Le macchine fotografiche fumano per il troppo utilizzo, mentre noi ci portiamo nei pressi di una piccola croce metallica a fare altre foto, anche qui vorremmo restare molto tempo in più… ma giù al rifugio ci aspettano per il pranzo, e dopo una mezz’oretta riprendiamo il sentiero, stavolta in senso inverso. La fame in effetti si fa sentire, e mi fa tenere un passo un po’ più allegro…
e l’accoglienza che riceviamo al termine della passeggiata è spettacolare quanto questi luoghi: non abbiamo ancora messo piede in sala da pranzo, che già tre piattazzi stracolmi di polenta, ragù, spezzatino e costine a volontà ci strizzano l’occhiolino!!!
“Maccarone, tu me provochi? E io me te magno!” diceva Alberto Sordi, ed il nostro pranzo in un batter d’occhio sparisce dal piatto per finire dov’è giusto che sia… veramente gran mangiata, complimenti ai cuochi!
Dopo pranzo Giorgio (che nel frattempo ha l’occhio sempre più “contento”) tenta a più riprese di convertire Andrea all’uso di alcool (grappa, nella fattispecie) ma il risultato non è quello sperato, ed allora tocca a me fare un “sacrificio” (?) e di buon grado accetto l’ammazzacaffè d’ordinanza… ;-)
Il pomeriggio lo passiamo in totale svacco seduti sul muretto del rifugio a riempirci gli occhi di montagne e i polmoni di ossigeno, mentre ai tavolini giocano a carte tra una madonna e l’altra…
Quando si sta bene il tempo vola davvero, e così arriva l’ora di tornare verso casa, non prima di esserci fatti scattare una foto ricordo insieme a Claudio, Giorgio e l’indaffaratissima Orietta. Dopo aver abbozzato con Giorgio un progettino per il prossimo futuro – che speriamo tanto di riuscire a realizzare – ed una pacca sulla spalla, decidiamo d’incamminarci verso la macchina, e per il ritorno ci tuffiamo nel fresco del bosco lungo il Sentiero Natura, fino a trovarci di nuovo in paese.

Quando il motore della macchina s’accende, quello che resta è il ricordo di una giornata splendida passata in ottima compagnia, una giornata di quelle che ti riempiono il cuore.

Ancora grazie di cuore all’amico Giorgio e ai suoi collaboratori, ed una montagna di complimenti e di “in bocca al lupo” per la vostra nuova attività: se il buongiorno si vede dal mattino, allora siete a cavallo!

lunedì 10 settembre 2007

DreiZinnen!

Trek delle 3 Cime di Lavaredo - 5-8 settembre 2007

Ci sono posti che, semplicemente vanno visti. Magari li conosci anche... un po', perchè ne senti parlare, li vedi in cartolina, magari anche alla tv quando ci passa il Giro d'Italia, ma finchè non sei lì non ti rendi davvero conto di ciò con cui hai a che fare.

Le Dolomiti rientrano in questa categoria, e tra esse il posto più "Dolomiti" di tutti, le 3 Cime di Lavaredo.
E' qui che ho deciso di passare 4 giorni delle mie ferie settembrine, insieme all'amico Fabrizio e al suo gruppo di Zainoinspalla. La prospettiva è delle migliori: 4 giorni girando intorno alle Cime, facendo base al Rifugio Locatelli (mt. 2405), che proprio davanti ad esse si trova.

5 settembre

Il viaggio d'andata in macchina parte in modo incoraggiante: sole e vento fresco. Non durerà. Entrati nella provincia di Bolzano, la temperatura cala e si scatena una simpatica bufera di neve. A quel punto, qualcuno in macchina sgancia la fatidica domanda:
"Cosa dicevano le previsioni del tempo nell'Alto Adige?"
"Tempo bello fino a sabato!"

Perfetto.

Ci lasciamo alle spalle svariati cartelli stradali (tra cui uno recante la scritta "Ahrntal", mah...) (questa la lascio lì per il Brunig, lui capirà... ;-) ) ed entriamo in San Candido.
Arrivati al Rifugio Tre Scarperi, punto di partenza per la salita al Locatelli, il tempo pare aprirsi, e darci modo di consumare addirittura all'aperto i nostri panini.
Una volta partiti, ci rendiamo conto abbastanza rapidamente che il nostro ottimismo meteorologico è destinato ad essere frustrato. Man mano che saliamo, aumentano le nuvole ed il vento, prima freddo, poi decisamente polare. Ed è solo ora che mi rendo conto di un'agghiacciante verità: mi sono dimenticato i guanti! La fatica della salita, non ripidissima ma costante, mi permette di dimenticare il gelo che mi attanaglia le dita, e posso cominciare a gustarmi le prime vedute che questo spettacolo naturale ci offre. E finalmente, le vedo: le Cime! O meglio, quello che le nuvole ci permettono di vedere. Arrivati al rifugio, affidiamo all'indomani le speranze di bel tempo ed entriamo per trovare riparo e calore.
Nelle camere fa un freddo MAIALE, a cui ovvierò sfruttando tutti i piumoni e le coperte supplementari a disposizione. Dopo una sciacquata veloce (la doccia potrà aspettare), consumiamo la serata mangiando, giocando a carte e guardando fuori. Sempre nuvolo. Sperèm...

6 settembre

Il tempo è sempre brutto, seppure non come ieri, ma il solito freddo polare (almeno un paio di gradi sotto zero c'erano tutti) non ci impedisce di fare quello per cui siamo qui: uno splendido anello letteralmente intorno alle 3 Cime. E qui il problema dei guanti si ripresenta in tutta la sua crudezza, ma vengo salvato da un'anima pia che, dotata di un paio supplementare, me lo presta. E che Dio la benedica per questo, visto che man mano che proseguiamo nell'anello il vento non diminuisce, semmai aumenta. Fino all'ora di pranzo proseguiamo ben protetti dai nostri strati di vestiario, facendo sosta prima al Rifugio Lavaredo e poi al Rifugio Auronzo, che onestamente ricorderemo solo per i prezzi pazzeschi di cibo e bevande: il vostro, per un secondo, formaggio, una Coca e UN pezzo di pane, si è visto chiedere quasi 20 Euro! Ed era un self-service...
La fatica ed il salasso sono ripagati dalla seconda parte dell'anello: qui le Cime si presentano in tutto il loro splendore, ricordandoci che ne valeva la pena, e quanto... Non so più quante foto ho fatto, alcune anche in bianco e nero (una ve la lascio qui):


Davanti a noi vediamo il Locatelli che ci aspetta, ma per raggiungerlo dovremo prima ridiscendere nel vallone, poi risalire i nostri bravi 400 metri circa di dislivello, passando anche davanti ad una delle molte grotte scavate dai soldati durante la guerra del '15-'18.
Arrivati al Rifugio, mando a dar via il freddo e mi concedo una doccia bollente. Anche la sera promette meglio: la stellata che vediamo prima di andare a dormire ci fa promesse che ci piacerebbe veder mantenute...

7 settembre

...Ed è proprio così! Alle 7:45 del mattino la vista uscendo dal rifugio è assolutamente indimenticabile, e mi concedo la vanteria di una foto davanti alle Cime (l'immagine d'apertura). Per non rovinarvi i monitor
(e anche un po' scusandomi con le Dolomiti), ve ne posto un'altra senza "intrusi" :

Il programma riserva per noi il giro più lungo del trek: saliamo fino al Rifugio Pian di Cengia, poi al Rifugi0 Comici, proprio sotto Cima Dodici. Il tutto sotto un sole splendido, ma anche con un vento sempre micidiale, che ci costringe a stare ancora coperti.
A partire dal Comici, però , le cose cambiano, e finalmente camminiamo al caldo. Mentre scendiamo verso la Val Fiscalina, incontro a noi salgono al rifugio valanghe di escursionisti, e i saluti si sprecano: "Ciao", "Salve", "Hallo", "Ponciorno" (???). Praticamente siamo gli unici a scendere mentre il resto del mondo sale, ed arrivati in fondo alla Valle, troviamo un posto per pranzare. Per 20 minuti scarsi, perchè non appena ci siamo seduti, il sole decide simpaticamente di scomparire dietro una forcella in quota, e ci ritroviamo di nuovo all'ombra. Decidiamo così di risalire lungo il corso del torrentello che ci affianca e troviamo un altro posto soleggiato (stavolta fisso) per il relax di prammatica. Abbiamo parecchie ossa da riscaldare!

Questa foto è presa un attimo prima di venire colti da un po' di sana e meritata stupidera, che avrà come risultato una guerra a schizzi...
Finita la pausa, risaliamo verso il Rifugio Locatelli, e la vista acuta del ferrarese Riccardo ci premia con l'immagine di un camoscio.

Di ritorno al rifugio, mi concedo il tempo per testare le capacità di ripresa video della mia fotocamera, e realizzo una panoramica che provo a postarvi qui:



Il crapone che vedete comparire è del Fabrizio di cui sopra: aveva avuto la mia stessa idea, ma fotografando...

Arriviamo al Locatelli in maniche corte e, soprattutto, belli rossi in viso! Era ora...

8 settembre

E' l'ultimo giorno. Partiamo sotto lo stesso sole splendido di ieri e affrontiamo la breve salita che ci porta ai piedi della Croda dei Baranci, prima di picchiare verso la Val Campo di Dentro e tornare a casa.
E qui Fabrizio ci propone l'ultima sorpresa: un breve passaggio con catene, che per alcuni è una novità assoluta, ma a me riporta in mente il divertimento del Sentiero delle Orobie...
Ultima variazione sul tema: Fabrizio addocchia un ghiaione che si può scendere a balzelloni, e ci si butta a capofitto. Lo seguiamo, e io trovo anche il tempo per capitombolare tra uno zompo e l'altro, ma c'è chi ha fatto di peggio...
C'è chi già sogna l'uovo con speck e patatine e i dolci del Rifugio 3 Scarperi, ed infatti all'arrivo ci fiondiamo a scofanarceli sotto un sole splendido.

E poi bisogna tornare. Le ore di macchina (ma tante, eh?) non cancellano tutto quello che ho visto.

Perchè ci sono posti che, semplicemente, vanno visti.

Fabrizio, grazie per averci portato.

Sonia, grazie per i guanti.

Luigi, occhio al ghiaccio. E alle catene. E ad Orietta Berti.

martedì 4 settembre 2007

Una bella avventura...

Questa è una storia fuori dal comune, la bella storia di Oliviero, alpinista disabile (ebbe una gamba amputata in seguito ad un incidente stradale) che un bel giorno decise di fare un "giretto" in montagna...

Il racconto della sua avventura lo potete leggere anche qui:
(grazie all'amico Bicio per la sua disponibilità)


Linking Together 2007
Diario Progetto “Linking Together 2007” a favore dell’alpinista disabile Oliviero Bellinzani

Giovedì 5 luglio 2007
Partenti:
Alberto Zucchetti , guida alpina di Alagna Valsesia, Oliviero Bellinzani, alpinista disabile varesino, Massimo Magnocavallo, ballabiese ,accompagnatore di Oliviero e coordinatore del progetto, Giorgio Tessari, guida alpina di Ballabio, Raffaele Cargasacchi, aspirante guida di Lecco e membro del Gruppo alpinistico Gamma Lecco, Giuseppe Orlandi detto “CALUMER” di Ballabio, membro del Soccorso alpino di Lecco. Purtroppo la guida alpina di Aosta Ezio Marlier , qualche giorno prima della partenza, per impegni di lavoro mi comunica che non potrà più partecipare . Non avendo pensato di chiedere ad una guida alpina suo amico la sua eventuale sostituzione, mi ha creato qualche problema nell’organizzazione del progetto.
Partenza alle ore 18.00 dalla località acqua bianca 1450 mt appena ,sopra il paese di Alagna Valsesia ,destinazione Rifugio Barba Ferrero 2250 mt.
Alberto ci ha aspettato al bar delle Guide di Alagna dove incontriamo la guida di Alagna Sergio Gabbio con la quale scambiamo due chiacchiere. Sergio conosce CALUMER che ha incontrato alla Piramide del CNR alla base dell’Everest durante il mese di agosto 2006.
Alle 18.00 partiamo dalla località acqua bianca con il bel tempo anche se la cresta Signal al Rosa è innevata e tira forte vento, oggi nessuno è salito alla Margherita ! Raffaele è con me, Giorgio ed Oliviero e fa alcune riprese con la sua videocamera, CALUMER va avanti con Alberto. Sono già contento e mi assale una forte carica emotiva che mi avvolge man mano che saliamo, mi viene da piangere, penso sia dovuto allo scarico della tensione per tutta l’organizzazione del progetto o forse derivi dal fatto che stiamo vivendo un momento molto bello tutti insieme. Lo spettacolo che i miei occhi vedono guardando la cresta est del Rosa, la nostra meta dei prossimi giorni , è eccitante. Arriviamo al rifugio Barba Ferrero, un rifugio molto carino e riservato ricavato da una vecchia malga alpina dove ci accolgono i gestori di Milano Lorenza e Marco . Ci preparano un gustoso risotto alle ortiche, polenta, carne e formaggio. Siamo soli a parte un amico dei gestori, Sergio, papà di una amica del liceo di Lorenza che rimane estasiato dal nostro progetto e molto felice di conoscere Oliviero. Passiamo una bella serata tutti insieme intonando con Giorgio e CALUMER alcuni canti di montagna.


Venerdì 6 luglio
Ci siamo alzati con il tempo bello ma purtroppo il forte vento durante la notte non ha mai mollato e le condizioni per salire al bivacco Resegotti a quota 3600 mt non sono favorevoli. La nostra guida Alberto propone di rinunciare così, di comune accordo, decidiamo di ridiscendere ad Alagna Valsesia dove salutiamo Alberto che non ha più ragione di rimanere con noi e risaiamo in seggiovia al Passo Salati a quota 2890 mt. Facciamo tappa al rifugio Vigevano per mangiare una pastasciutta dove salutiamo Silvia, la figlia della nostra amica Anna Folghera che ci ha aiutato a ridurre i nostri costi attraverso il CAI di Varallo Sesia, proprietario dei rifugi Gniffetti e Capanna Margherita.. Dopo aver mangiato e salutato Silvia siamo saliti al rifugio Gniffetti a quota 3670 mt. Il vento è ancora molto forte, domani è previsto ancora vento forte da Ovest ma dobbiamo andare aventi per completare la nostra tappa alla Capanna Margherita a quota 4556 mt dove ci aspetterà per la prima staffetta la guida alpina di Bergamo Mauro Soregaroli con la sua compagna , membro del Soccorso Alpino di Bergamo che si è aggregata per sostiture la presenza di Marlier. Le mie emozioni oggi sono meno forti visto che abbiamo dovuto rinunciare alla cresta Signal al Rosa, che saliremo sicuramente a fine agosto con migliori condizioni, promessa di Alberto!!!!. Comunque il morale del gruppo è alto, Raffaele, Giorgio, CALUMER ed Oliviero sono persone meravigliose, hanno dato la loro parola a partecipare al progetto, hanno dato tutto il loto sostegno ad Oliviero e questo mi rende molto felice visto che posso contare su altre persone che mi danno una mano per rendere contento Oliviero. Dopodomani mattina scenderemo dalla Capanna Margherita per affrontare la cresta dei Lyskam e Raffaele e Giuseppe hanno deciso di continuare insieme a noi e a Mauro con la sua ragazza , saremo in 7 persone a dare una mano ad Oliviero !.Sono le 21,30 , qui al rifugio Gniffetti c’è molta gente e dobbiamo ringraziare Alberto Zucchetti che ci ha dato una mano per trovare posto visto che questo rifugio non rientrava nelle nostre tappe. Oliviero è tranquillo, allenato e penso che domani non dovrebbero esserci problemi particolari. Io sono molto adrenalinico e felice di essere con questi amici con i quali stiamo passando dei bellissimi momenti. Raffaele oggi ha fatto delle bellissime riprese con il mio cavalletto che ho acquistato con Oliviero insieme ad una nuova video camera visto che non abbiamo avuto il supporto di nessun professionista cine-operatore. Sia io che Raffaele abbiamo effettuato le riprese . Oggi è successo un fatto strano che mi ha infastidito parecchio: venerdì scorso io ed Oliviero siamo stati alla RAI di Aosta per un’intervista sul nostro progetto, una giornalista ci ha chiesto se ci sarebbe piaciuto che la RAI con la collaborazione della Protezione Civile di Aosta potesse effettuare delle riprese con l’elicottero durante una nostra tappa. Noi chiaramente abbiamo detto di si . Oggi mi ha chiamato la giornalista rimangiando tutto quello che ci avevano promesso ! Non è giusto, prima le certezze per non deludere Oliviero.


Sabato 7 luglio
Siamo partiti dal rifugio Gniffetti alle 7.30 con forte vento da Ovest, io e Giorgio ci leghiamo insieme, Oliviero si lega con Raffaele al quale ho dato il soprannome di “bambino” visto che come tocca il letto si addormenta e CALUMER. Saliamo abbastanza veloci verso il colle Vincent a 4000 mt, saliamo il Corno Nero a quota 4322 mt, attrezziamo per Oliviero una corda doppia e ci dirigiamo verso la cresta Ludwigshohe , un altro 4342 mt, attraversiamo sotto la punta Parrot e saliamo direttamente alla Capanna Margherita a quota 4554 mt, tre 4000 in giornata!!. Luca, il rifugista della Margherita ci accoglie con entusiasmo , beviamo tutti insieme ed aspettiamo la guida Mauro Soregaroli con la compagna Luisa.. Quando arrivano ci conosciamo, scambiamo quattro chiacchiere e decido di dare a Mauro la responsabilità nella conduzione della tappa dell’indomani. Le mie emozioni sono altissime, ho anche un po’ di preoccupazione per la salita della cresta del Lyskam. Sono le 21,45, domani sveglia alle 5.00. Dalla finestra della Capanna si vede la nostra meta ed anche il Cervino con la sua parete est e la cresta di nord-est in condizioni invernali (sono preoccupato per i prossimi giorni).


Domenica 8 luglio
Oliviero non sta bene, ha la nausea e dice che se vomiterà potrà avere dei seri problemi che potrebbero portare ad interrompere il progetto.
Sono molto preoccupato, ma dopo 1 ora Olivero decide di scendere e di affrontare la tappa. Anche Luisa, la compagna di Mauro non sta bene e decide di rientrare ad Alagna. Oliviero no è in forma, ha molti dubbi sulla salita della Cresta dei Lyskam. Scendiamo tardi alla base dei Lyskam, sono le 7.30 , il tempo cambierà nel primo pomeriggio e Mauro decide di optare per la salita al Naso. CALUMER ha mal di schiena, non mi ha detto prima di partire che sta facendo delle manipolazioni per la sua ernia al disco, ha stretto i denti per aiutare Oliviero sin qui ma deve rinunciare. Lo accompagnerà ad Alagna anche Raffaele, così io e Giorgio ci leghiamo, Oliviero con Mauro e partiamo verso il Naso. Saliamo la cima del Naso a quota 4272 mt, Oliviero e Mauro scendono dalla cresta, io e Giorgio aggiriamo il Naso in diagonale su terreno giacciato su traversi molto impegnativi e raggiungiamo Mauro ed Oliviero nell’ultimo facile tratto diagonale che ci condurrà al rifugio Quntino Sella. Dopo dieci minuti la perturbazione anticipa di parecchio le previsioni meteo, alle 11.00 ci sorprende la nebbia ed una fitta nevicata sino al Rifugio Quintino Sella che raggiungiamo alle 12.00. La meteo dava brutto per lunedì, questo lo sapevamo ma non sapevamo che sarebbe rimasto brutto sino a giovedì. La guida di Cervinia che avrebbe dovuto dare staffetta a Mauro mi chiama dicendo che non sarebbe salito viste le condizioni, chiamo il Presidente delle guide di Cervinia Lucio Trucco che mi conferma le pessime previsioni meteo nei prossimi giorni , così decidiamo di interrompere il progetto e di riprenderlo verso la fine di luglio.


Lunedì 9 luglio
Alle 7.30 sotto una forte nevicata usciamo per primi dal rifugio e scendiamo le corde fisse con 15 centimetri di neve fresca verso il colle Bettaforca per rientrare contenti ad Alagna dove riprenderò la macchina di Oliviero alla frazione di acqua bianca, organizzo con mio padre di venirci a prendere a Sesto Calende visto che Oliviero abita da quelle parti. Mio padre viene a prenderci e ci porta a casa dei miei genitori a Cesano Maderno dove arriva mia moglie con la moglie di Giorgio per accompagnarci a Ballabio.




Martedì 24 luglio 2007
Partecipanti:
Oliviero Bellinzani, alpinista disabile varesino, Massimo Magnocavallo, ballabiese ,accompagnatore di Oliviero e coordinatore del progetto, Giorgio Tessari, guida alpina di Ballabio, Lucio Trucco, guida alpina e Presidente delle guide di Cervinia
Riprendiamo il nostro progetto da dove l’avevamo interrotto, cioè dal rifugio Quintino Sella. Alle 6,20 del mattino passo a prendere Giorgio a casa sua con la mia macchina, abbiamo appuntamento a Vergiate (Va) con Oliviero che ci aspetta alle 8.00. Partiamo con le due macchine, arriviamo a Cervinia alle 10,20 , nostra meta finale della seconda parte del progetto. Lucio Trucco ci aspetta alla casa delle guide insieme alla responsabile organizzativa Adriana. Lucio decide al momento di accompagnarci per i primi due giorni per la salita dei primi 4 quattromila, Castore, Polluce, Breithorn centrale ed occidentale, siamo orgogliosi di averlo come compagno. Decidiamo di lasciare a Cervinia la macchina di Oliviero che è più piccola per proseguire verso Gressoney con la mia. Scarichiamo dalla macchina di Oliviero il suo materiale, mi raccomando di non dimenticare nulla. Partiamo tutti e 4 per Gressoney per prendere la funivia delle 14,15. Arriviamo alle 12.45 , prima di scaricare gli zaini mangiamo qualcosa al bar della funivia, torniamo alla mia macchina alle 13,45 per prendere gli zaini quando Oliviero mi dice di aver dimenticato nella sua macchina a Cervinia tutto l’occorrente per le sue stampelle per affrontare i nevai ed i ghiacciai !!!. L’ultima funivia parte alle 17,15, ho tre ore di macchina per andare e tornare a Cervinia per recuperare il suo materiale , non dico nulla ad Oliviero, parto come un razzo, surriscaldo i freni dell’auto ed alle 16,45 sono di ritorno a Gressoney. Alle 17.00 partiamo con la funivia e con passo veloce raggiungiamo alle ore 20,15 il rifugio Q.Sella.Quando arriviamo il rifugista dice con tono seccato a Lucio che la mia prenotazione era prevista per il giorno 23 luglio e che quindi non c’è posto. Parlo io con il rifugista e fortunatamente il rifugista di dice che un gruppo ha disdettato e che ci può sistemare per la notte. Credo che abbiano capito male loro facendo confusione visto che preoccupato per le tappe successive , telefono agli altri rifugi che mi confermano le prenotazioni fatte da me la settimana prima.

Mercoledì 25 luglio
Sveglia alle 5.00 , colazione alle 5.30, partenza alle 6.00 per la cresta del Castore (4260 mt) che nel 2003 ho già salito con Oliviero per allenarci per il Cervino. Alle 8.15 siamo in cima , la giornata è stupenda, faccio le foto e le riprese di rito con il cavalletto. Scendiamo dal Castore ed aggiriamo la base rocciosa del Polluce e cominciamo ad arrampicare sulla cresta rocciosa di 2 grado che ci porta dopo alcune corde fisse appena sotto la cima dove è situata una madonnina in ferro. Saliamo la cima a quota 4090 mt, facciamo alcune riprese, siamo felici, intervisto Oliviero, Giorgio e Lucio, anche Lucio mi intervista e alle 10,20 scendiamo, dopo mezz’ora siamo al rifugio Guide D’Ayas dove ci preparano una buona pasta. Esco dal rifugio , mi arrampico sulla bastionata sopra al rifugio per trovare il campo per poter usare il mio telefonino e chiamo mia moglie Anna per dare buone notizie.
Dopo qualche minuto mi chiama un giornalista dell’ANSA di Aosta chiedendomi notizie sulle nostre tappe e sulle nostre salite.I giorni successivi probabilmente parleranno molto di noi sui giornali.
Oliviero è in gran forma, domani ci aspetta la tappa del Breithorn, probabilmente saliremo solo il centrale e l’occidentale perché la cresta orientale è impraticabile.

Giovedì 26 luglio
Partiamo alle 6,15 dal rifugio, ci aspetta subito una salita di 500 mt di dislivello per salire in traverso verso la base del Breithorn centrale, nostra prima meta. Faccio fatica, Oliviero è in forma, sudo molto, c’è freddo. Dopo 2 ore arriviamo al colle che porta verso la cresta finale, ho ancora la giacca a vento, decido di fermarmi a togliermela e bere qualcosa, i miei compagni mi dicono di non fermarmi e di proseguire, ho uno scatto d’ira e li mando al diavolo dicendo che ho i miei tempi e mi da fastidio quando qualcuno mi dice quello che devo fare !! Sarà il carico emotivo, la stanchezza dell’organizzazione del progetto. Mangio una marmellatina, bevo un po’ di acqua, tolgo la giacca a vento e riprendo la marcia con più energie. Arriviamo sotto la cima del Breithorn centrale, l’ambiente è bellissimo, lasciamo gli zaini e saliamo lungo la cresta affilata prima io e Giorgio per organizzare le riprese della salita di Lucio e Oliviero, facciamo le riprese, le foto di vetta a quota 4160 mt, dietro di noi si vede il Cervino con la sua parete est e la cresta nord-est dell’Hornli, nostra meta di sabato, siamo preoccupati perché è molto innevata e Lucio ci dice che abbiamo poche possibilità di realizzarla. Mi prende lo sconforto pensando che potremmo ancora interrompere per la seconda volta il progetto !. Scendiamo dalla cresta per risalire l’affilata cresta del Breithorn occidentale a quota 4165 mt. Anche qui facciamo le riprese con le bandiere degli sponsor Sartorius, l’azienda per la quale lavoro e la società farmaceutica IBSA mia cliente. Scendiamo al Plateau Rosà dalle piste da sci per arrivare alle 13.00 al rifugio Guide del Cervino a 3450 mt dove ci hanno offerto un lauto pranzo a base di lasagne, garganelli ai funghi e costata di manzo con dolce fatto in casa. Il gestore si chiama Walter ed è guida alpina di Cervinia, la moglie Sabrina ci accoglie con dolcezza . Conosciamo anche Tiziana, cameriera stagionale che vive a Valtournanche e studia in Università a Bologna, specializzazione ortopedia. Non sa nulla del nostro progetto, conosce Oliviero, le racconto la nostra storia, si entusiasma e vorrebbe partire con noi il giorno dopo…
Oliviero mi chiede se ho preso le chiavi della sua macchina visto che dobbiamo scendere da Cervinia a Gressoney per prendere la mia auto. E’ incredibile, nella fretta nello scendere da Cervinia non mi sono ricordato di prendere dalle mia macchina le chiavi di Oliviero e quindi siamo in crisi per riprendere l’auto di Oliviero domenica mattina. Ci viene una brillante idea: visto che Raffaele Cargasacchi presente alla prima parte del progetto ha dato la sua disponibilità per la salita al Cervino chiamando un suo amico guida Andrea Spandri, chiediamo loro per favore di passare a casa mia a prendere la copia delle mie chiavi e di passare a Gressoney domani mattina a ritirare la mia auto con le chiavi di Oliviero e di portare la mia auto a Cervinia, i ragazzi dicono che non ci sono problemi e l’indomani faranno quello che ho chiesto loro, che grandi !!!Nel pomeriggio facciamo la conoscenza con 2 alpinisti spagnoli , Antonio e Josè che andranno domani al Castore e nei prossimi giorni vorrebbero salire anche loro il Cervino. La sera facciamo amicizia anche con un gruppo di alpinisti di Trieste che chiedevano informazioni a Giorgio sulla salita del Polluce, loro meta di domani. Mangiamo tutti insieme , scherziamo, facciamo delle foto, parliamo del nostro progetto, Giorgio racconta le sue esperienze delle sue prime invernali e dei suoi bivacchi con i fratelli Rusconi di Valmadrea, brindiamo con un po’ di grappa , ci scambiamo le e-mail, i numeri di telefono ed alle 22,30 andiamo a dormire.


Venerdì 27 luglio
Facciamo colazione alle 8.00, aspettiamo la guida di Cervinia Laurent Nicoletta che ha dato staffetta a Lucio Trucco, partiamo dal Plateau Rosà in direzione della funivia Troknersteg, scendiamo a Furi e saliamo a Schwarzee. Ci fermiamo a mangiare un piatto di patate e salsicce, beviamo una birra e saliamo alla capanna Hornli. Il rifugio è pieno, tutti gli alpinisti presenti saliranno domani il Cervino. Ieri solo 4 persone sono salite ed un cecoslovacco è morto per imprudenza.Sono un po’ preoccupato perché la parete è innevata nella parte alta, ma sono però tranquillo nel pensare che le cordate che ci precederanno ci prepareranno le tracce per la parte alta, la più impegnativa sul versante nord.
Facciamo conoscenza con alpinisti di tutto in mondo che si congratulano con Oliviero per la sua tenacia e volontà.
Aspettiamo i due ragazzi che arrivano molto veloci alle 17.00. Conosciamo Andrea, guida giovane di Cortenova (Lc) e membro del famosissimo Gruppo alpinistico lecchese Ragni di Lecco.
Mangiamo tutti insieme , scherziamo, siamo uniti, determinati a salire e a fare bene, siamo allenati ma sappiamo che domani sarà molto dura e lunga la giornata con tutte le incertezze della salita con Oliviero.


Sabato 28 luglio
Oggi è il 13.mo compleanno di mia figlia Ilaria che rientrerà dal campeggio estivo dell’oratorio di Ballabio organizzato in Valle d’Aosta a Ollomont in Valpeline. Le sono molto vicino . Sveglia alle 3.00, ci prepariamo, Oliviero non dice una parola, è molto nervoso, non ha dormito la notte pensando alle salita, anch’io ogni tanto lo chiamavo e parlavamo un po’. Ci leghiamo e partiamo con la frontale.Io e Giorgio andiamo avanti per primi, seguiamo le altre cordate ed a un certo punto ci fermiamo pensando di essere saliti troppo in alto vedendo le altre frontali sotto di noi, scendiamo arrampicando e ci ritroviamo sulla cengia già percorsa prima, ridiamo un po’ e riprendiamo il gruppo con Oliviero che è già caricatissimo. Il tempo è bellissimo, dobbiamo arrivare al bivacco Solvay entro le tre ore , invece arriviamo con 1 ora di ritardo. La regola delle guide è quella che se i clienti arrivano dopo le tre ore si ritorna alla Hornli. Laurent fa un’eccezione per Oliviero ma è preoccupato per il ritardo. Abbiamo trovato anche molte cordate che ci hanno rallentato la marcia ed abbiamo dovuto aiutare Oliviero nel portare le sue stampelle quando non le poteva utilizzare . Questo lavoro lo hanno sostenuto Andrea e Raffaele ai quali va tutta la mia stima ed ammirazione.Io faccio foto e riprese che mi stancano tantissimo, ma non posso farne a meno. Saliamo veloci sino alla spalla del Cervino dove nel 2005 con il mio amico di Ballabio Giorgio Borsani abbiamo dovuto abbandonare per cattivo tempo. Dalla spalla incominciamo al alzarci sulla cresta che porta verso la parete nord dove hanno attrezzato delle corde fisse di canapa per agevolare la difficile salita. Dopo questa corde fisse faccio le riprese ad Oliviero, mancano 100 metri alla cima del Cervino, piango, mi emoziono tantissimo, riprendo con la video-camera i miei compagni sotto di me. Ci raggruppiamo e decidiamo di affrontare la parte nevosa alcuni con i ramponi, io e Giorgio decidiamo di non usarli. Parto io per primo da capocordata, dopo pochi metri decido di usare la piccozza per maggiore sicurezza. Sono teso perché la parete è ripida e perché proseguiamo in conserva. Giorgio mi dice di stare tranquillo, dopo 40 minuti sono in cima, riprendo la statua di legno di S.Bernardo, protettore di tutti gli alpinisti, sulla vetta svizzera del Cervino non c’è croce, la croce è situata solo sulla vetta italiana. Aspetto che arrivino i miei compagni e decido che sia Oliviero il primo a toccare la vetta più alta rispetto alla statua di S.Bernardo. Sono le 11.15 , siamo tutti sulla cima del Cervino, siamo in estasi, Oliviero piange, facciamo le riprese, le foto e cominciamo a scendere. Io sono in crisi psicologica, rallento la discesa , Giorgio mi assicura con il mezzo barcaiolo, scendiamo tutti con i ramponi, la discesa è molto faticosa, facciamo anche qualche doppia nella parte finale, sono lento, il gruppo ci aspetta al bivacco Sovay dove arriviamo con 15 minuti di ritardo, scendiamo ora più veloci, sto meglio ma siamo ancora lenti. Gli altri arrivano alla Hornli alle 19,30, noi alle 21,00 con ben 10 ore di discesa faticosa. Il Cervino è una grande parete e bisogna essere molto veloci in discesa ed allenati per evitare bivacchi notturni molto pericolosi se si è lontani dalla Solvay. Dopp 17 ore siamo al rifugio dove i nostri amici ci hanno tenuto in caldo una minestra ed un po’ di carne. Ciraccontano che quando Oliviero è arrivato al rifugio tutti gli alpinisti presenti si sono alzati ed hanno fatto a lui un caloroso applauso !!Loro vanno a dormire, io mi fermo a meditare, a guardare i filmati, riassetto lo zaino, sono felice per aver concluso il progetto, sono molto contento per Oliviero, alle 23.10 vado a dormire. Alle 6.30 mi sveglio, esco dal rifugio, Giorgio mi raggiunge, faccio delle riprese al Cervino , il tempo è ancora bellissimo. Alle 8.00 facciamo colazione tutti insieme, scherziamo, faccio ai miei compagni un’intervista con il Cervino alle loro spalle, scendiamo alla funivia che ci porterà al piccolo Cervino per arrivare al rifugio Guide del Cervino da dove partirà la funivia per Cervinia.Prendiamo le macchine ed andiamo alla casa delle guide dove ci aspetta Adriana e Lucio. Andiamo a mangiare una pizza ed alle 14..00 arriva la giornalista della RAI di Aosta che mi ha stressato da martedì 24 sino a pochi minuti fa per l’intervista e la messa in onda in anteprima. Con l’operatore fanno l’intervista alla casa delle guide ad Oliviero e ci dicono che sarà messo in onda la sera stessa sul TG regionale di Aosta. Poi daranno il servizio a Milano TG Regionale ed anche al nazionale TG1. Andrea e Raffaele rientrano prima, io Giorgio ed Oliviero andiamo a bere qualcosa, ci fermiamo in edicola e leggiamo sul quotidiano La Stampa ed Avvenire notizie sull’impresa di Oliviero, ci salutiamo molto ma molto soddisfatti e felici. Io e Giorgio andiamo ad Aosta per riprendere i nastri dei miei filmati. Linking Together si è conclusa nel modo migliore !!!
Grazie di cuora ancora a tutti voi per il vostro prezioso sostegno

31 luglio 2007
Massimo Magnocavallo