domenica 14 marzo 2010

Val d'Otro: e sai dove vai!!!

Val d'Otro, 13 marzo 2010
Val d'Otro, frazione Feglierec e Monte Tagliaferro
Ci son giorni che hai voglia di andare a scoprire posti nuovi, per uscire dai soliti giri o per chissà quali e quanti motivi. Allora t'informi, ti organizzi, poi prendi e vai. Ed alla fine della giornata puoi renderti conto di aver trovato un gioiellino nascosto, oppure vedere le tue aspettative deluse, anche se magari solo parzialmente.
Poi ci sono altri giorni, in cui tutto quello che vuoi è tornare in luoghi dove sei già stato, perchè non hai voglia di andare alla ventura, o semplicemente perchè quei posti li hai nel cuore.
Oggi è decisamente uno di quei giorni, ed allora non resta che cogliere al volo l'occasione della proposta dei cari amici di Montagna e Natura, e tornare a visitare quella meraviglia che è la Val d'Otro.

Caratteristica baita Walser lungo il sentiero di salita

E' così che alle nove di mattina di un sabato che ci regala un cielo blu cobalto inondato da un sole spettacolare Dario ed io ci ritroviamo ad Alagna in compagnia dell'amica Orietta, della sua mamma sprint, e facciamo la conoscenza di Mauro, Giovanna e Rodolfo.

Il tempo di un giro d'ordinanza al bar, di portare le macchine alla partenza del sentiero ed indossare gli ARVA, e siamo pronti per infilare le ciaspole e partire. E allora via sul sentiero ghiacciato nel fitto del bosco, diretti verso quel piccolo mondo incantato e fuori dal tempo che so già che ci aspetta di bianco vestito fuori dal bosco, cinquecento metri più in alto.

Il passo è tranquillo, dato che la gita è piuttosto breve e la giornata promette bene (pure troppo, visto che gli zaini subito s'appesantiscono dei tanti strati superflui di vestiario!), così abbiamo modo di chiacchierare a dovere. Si superano baite, cappellette e santelle, mentre il sentiero tira sempre in modo uniforme, finchè la pendenza s'addolcisce, gli alberi si diradano e, oltre un dosso, magicamente come sempre compaiono le baite della frazione Follu, là dove il paesaggio si apre e i profili severi dei monti s'allargano a far corona a questo incantevole pianoro.

Dove si apre la valle ecco la frazione Follu

Ecco, con oggi completo il mio “giro delle stagioni” qui in Val Otro. Queste baite Walser di legno scuro raggruppate in radi villaggi le avevo viste immerse nei colori brillanti della tarda primavera e d'inizio estate, con i loro diversi toni di verde, ma anche in quelli più caldi dell'autunno, con i suoi gialli ed ocra... quello che mi mancava era l'inverno con i suoi contrasti netti di bianco della neve, nero delle rocce e blu del cielo. E per l'ennesima volta Otro mi regala emozioni da pelle d'oca, e mi lascia senza parole; ma forse neanche servono, le parole, perchè questo è uno di quei posti da vedere, e basta...

Contrasti invernali a Pianmisura


Meglio tornare alla nostra gita, allora: ecco che la mamma di Orietta si ferma qui a crogiolarsi al sole e far la guardia al salame nostrano che la nostra Guida ha portato per offrirlo a tutti, mentre noi altri proseguiamo la visita alle frazioni Dorf e poi Scarpia, immergendoci in questo mondo antico dove il tempo sembra essersi fermato, e poi proseguiamo verso gli alpeggi di Pianmisura, mentre Giovanna torna a far compagnia alla mamma di Ori.
Un breve strappo, un tratto in falsopiano a mezzacosta, ed eccoci alla testata della valle, davanti alla chiesetta di Pianmisura a scattare foto (non che prima fossimo rimasti con le mani in mano...) e scherzare con altri escursionisti.
Ma la fame fa capolino, il salame nostrano è come la carota per noi somarelli, e di buona lena torniamo sui nostri passi e di lì a poco siamo tutti di nuovo insieme a Follu a rendere il più doveroso omaggio al suddetto salame.

Davanti alla chiesetta di Pianmisura: da sinistra Bruno, Orietta, Mauro, Dario e Rodolfo

Decidiamo d'incamminarci sulla via del ritorno per le tre, ma non sono neanche le due e così ci troviamo con un'ora abbondante di dolce far niente davanti a noi, che spenderemo spaparanzati in maglietta al sole. Ci sarebbe però ancora un ultimo breve giro alla frazione Feglierec, e sono l'unico ad aderire alla proposta di Orietta (ragazzi, che poltroni che siete! ;-P).
Ecco, ora è proprio tutto e non ci resta che dirigere le nostre ciaspole di nuovo verso Alagna ed il XXI secolo. Un ultimo sguardo all'incanto di questa valle, ed in men che non si dica siamo di nuovo all'asfalto ed alle auto, e naturalmente al bar dove un'altra giornata da ricordare ha la sua degna conclusione davanti ad una Radler (e complimenti alla barista, che la chiama col suo vero nome senza confonderla con la Panachè!!!).

Panoramica sulle frazioni Follu e Feglierec

Ci son giorni, come dicevo, in cui tutto quello che vuoi è tornare in luoghi dove sei già stato, perchè non hai voglia di andare alla ventura, o semplicemente perchè quei posti li hai nel cuore.
Otro è proprio uno di quei posti, uno di quelli che sai già che non ti deluderanno, ma al contrario ti regaleranno emozioni che restano dentro; se a tutto questo si aggiungono una giornata con un cielo senza una nuvola, calda e senza vento, e soprattutto la compagnia giusta, beh, che dire... allora quella è la giornata perfetta!

mercoledì 23 settembre 2009

Una domenica unica...


Rifugio Alpe Parpinasca, 20 settembre 2009

E' il tardo pomeriggio di una domenica davvero unica.
Sono seduto all'ombra sul muretto del Rifugio Parpinasca. I vari toni di grigio delle nuvole che sovrastano le cime di là dalla valle trasformano il panorama in un quadro che un momento dopo l'altro si arricchisce di sfumature nuove e sempre diverse.

Davanti al rifugio il piccolo prato è affollato di gente: c'è chi chiacchiera al tavolo, chi si sdraia sulle panche, chi gira qua e là a scattare fotografie...
e la cosa tanto bella quanto incredibile è che tutti loro siano i miei amici, che hanno voluto e potuto festeggiare insieme a me il mio compleanno.


Quando li ho contattati immaginavo che sì e no metà di loro si sarebbero trovati qui, ora, e ne sarei stato più che felice: ed invece ci sono praticamente tutti, ed è una sorpresa indescrivibile trovare tutti insieme i miei “fratelli”, gli amici di sempre, quelli incontrati più di recente, e quelli ritrovati dopo tanto, troppo tempo; quelli più esperti e quelli che si son lanciati in una “passeggiata” per la prima volta, i climber, i ghiacciaioli, gli escursionisti e i sedentari... ed è bello vederli tutti, stanchi o meno, con il sorriso sulle labbra...

Per un attimo chiudo gli occhi, e mi lascio sfiorare dai miei pensieri, che come quelle nuvole là sopra le cime del Devero sono troppi e troppo svelti per potersi fermare nella mia testa... cerco d'immaginare cosa scriverò per il blog una volta tornato a Milano, e non ne ho la più pallida idea!
Un groppo in gola si scioglie in un sorriso di gioia e gratitudine per tutti loro che sono qui con me, e forse un po' anche per me...
No, oggi non scriverò di feste del fungo, di camminate, o di spezzatini con polenta, torte, vini rossi, grappe e bicerin vari, anche se potrei star qui ore ed ore a descrivere ogni momento grandioso vissuto in questa giornata.
Oggi ho solo voglia di sorridere, insieme a tutta questa bella gente... un brindisi alla vostra, amici cari!!!
Prosit!
Bruno


P.S.: Un grazie grande così a Cristina, Daniela, Elena G., Elena M., Elena V., Elisa, Federica L., Federica P., Francesca, Gaia, Marinella, Rossella, Susanna, Alessandro, Andrea C., Andrea G., Dario C., Dario L., Diego, Fabio, Luca, Marco, Mauro, Paolo e Roberto.
E, last but not least, un grazie enorme ed un abbraccio ai cari amici Aurora e Giorgio, e ai loro collaboratori, che ci hanno accolto e sfamato (eccome!!!) nel loro piccolo angolo di paradiso...

lunedì 24 agosto 2009

2.000... 2.500... 3.000 (quasi)!

Ovvero come “acclimatarsi” sulle Orobie!

In montagna si sa, non si deve parlare solo di quota per indicare le difficoltà di un escursione, ma la mia estate “montana” è stata proprio una scala d’altitudini raggiunte e anche di impegno profuso. I 2.000 mt (2.019 per l’esattezza!) son sempre quelli del mitico Alben, la montagna di casa, salita un paio di volte soltanto, ma sempre stupendo... quest’anno poi, merito le abbondanti nevicate e piogge, sfavillante di un verde mai visto, è ancora più magico. La prima salita alle due croci (Scabla e Cima di Oltre il Colle) da Zambla Alta avviene una sera di fine luglio in compagnia del buon Marco “Vala”, già mio alleato in alcune escursioni dell’estate 2008. Stile leggero (scarpette, marsupio con borraccia, racchette ed abbigliamento da corsa... schegge!!!), un buon passo, ci hanno permesso di goderci le ultime ore di un giorno sereno e limpido, ideale per spingere lo sguardo verso le vette retiche e delle più vicine orobie. La seconda salita è invece dell’11 agosto in compagnia di Marco T., Stefano F. e Lara C. Anche in questo caso con equipaggiamento minimal, saliamo da Cornalba alla vetta in poco più di 1 ora e 40 minuti e torniamo in orario per il pranzo. Una nuova serena e limpida mattinata di questa benevola estate 2009. I 2.000 metri o giù di lì sono anche quelli del rifugio Curò e al Barbellino naturale, ai quali sono salito martedì 4 agosto con il Vala e Daniele, e dove ci hanno poi fatto compagnia Andrea, Stefano. Roberto P. e papà, Sara e Daniela C. con cugini e zii/zie. Inutile dirlo, altra giornata di sole e... fantastici taglieri di salumi e formaggi al rifugio Curò, giochi d’acqua nel torrente della Val Cerviera,... Da segnalare la gran quantità di neve ancora presente in più punti lungo la carrozzabile che collega i due rifugi e gli... icebergs in galleggiamento sul laghetto naturale del Barbellino. Il giorno 12 agosto si sale invece di... livello, ci attende infatti la vetta del Tre Signori, una tra le più famose delle Orobie bergamasche e di riferimento in quelle del versante occidentale. Con me ci sono ancora una volta Stefano, Andrea, Roby con papà e “Tone”, amico di Andrea e grande alpinista. Si decide per la salita da Ceresola di Valtorta (1.300 mt circa), anziché dalla più frequentata da Ornica, da me preferita anche a motivo della presenza di un rifugio sul tragitto (Grassi) e della bellezza della “Via del caminetto”, tratto finale verso la cima, nonostante si allunghi di non poco l’avvicinamento alla meta stessa. Il primo ostacolo è il Passo del Toro, posto a 1.945 mt ed a metà strada tra partenza ed il rifugio: a me questo posto mette ancora un po’ i brividi… l’ultima volta che passai di qui risale al 2005, quando con mio fratello don Pietro mi vidi assediato dalla violenza della natura in una delle mie più brutte esperienze in montagna... un temporale che ci costrinse a rotolare giù a saltoni per quasi 500 mt di dislivello sotto una fitta grandinata e, appunto, tuoni e fulmini ravvicinati! Stavolta tutto tranquillo, si può proseguire sul pianeggiante tracciato che, con bella vista sulla vetta del giorno, ci porta al rifugio. Roby è però un po’affaticato: il padre ed Andrea non si sentono di lasciarlo da solo (e qui il mio elogio al buon Andrea che per il suo sempre encomiabile altruismo rinuncia alla vetta… GRANDE!). Si decide allora, io, Stefano e Tone, di portarci un po’ sotto la vetta e vedere poi se i nostri tre amici se la sentono di raggiungerci. A differenza degli altri giorni. c’è qualche nuvola in più, soprattutto in Val Brembana... capita così che si accelera “involontariamente” il passo. Sul tratto più ripido, io e Stefano ci fronteggiamo in una semi corsa, mentre Tone poco più in basso quasi ci maledice. Raggiunto il caminetto, il divertimento aumenta ed in men che non si dica siamo in cima, dove una folla da spiaggia ci attende... sembra di essere a Rimini! La dedica della salita è per il nostro buon “vecchio” Bruno, che prima o poi accompagnerò finalmente sui 2.554 mt di questa bella montagna! Tone intanto arriva e subito torna sui suoi passi per verificare se i nostri compagni stanno salendo... niente all’orizzonte, dopo qualche istante ancora in vetta, si ridiscende. E’ qui che capisco ancora una volta di più la differenza tra un escursionista (come me) ed un alpinista: Tone scende quasi mani in tasca in piedi sulle rocce, mentre io e Stefano ci esprimiamo nel nostro migliore stile “a cagnù”, accovacciati e mani a terra nei punti un pò’ più delicati. Troviamo ad attenderci al rifugio, oltre al trio di amici, fresche birre e piatti di favolose torte, che diligentemente ripuliamo! Il rientro è allietato da uno stambecco vanitoso che al Passo del Toro ci richiede un intero servizio fotografico... che star! …soprattutto quando ci mostra come ci si muove sui dirupi in completa scioltezza. La vetta prescelta come “top” per queste vacanze è però il Monte Gleno, ottava cima delle Orobie con i suoi 2.883 mt. Decidiamo di attaccarla martedì 18 agosto, e l’orario della partenza è di quelli sani: ore 5.30 fuori casa mia. Siamo io, Daniele e Stefano, che dopo le infinite curve in macchina tra Val del Riso e Seriana, alle 6.40 circa, iniziamo la salita al rifugio Curò dal paese di Valbondione. Ore 8.00, grazie all’utilizzo delle scarpette da trekking leggero, siamo già alla prima tappa... che giornate spettacolari quest’estate, tutte le vette sgombre da nubi (e lo saranno per tutto il giorno!), aria fina e via a raggiungere l’attacco del sentiero per la nostra meta. Calzati gli scarponi, ci inerpichiamo su per le balze che ci porteranno alla vedretta del Trobio, piccolo ghiacciaio/nevaio a sud-ovest del Gleno. Da qui in poi il paesaggio sembra di ben più alte quote, con alternanza di nevi, ghiacci, rocce, torrentelli, timide fioriture... Gli scatti si sprecano e senza troppa fatica siamo sotto il tratto terminale. Secondo me e Daniele l’uso dei ramponi potrebbe essere evitato, un tratto di sfasciumi a sinistra del ghiacciaio sembrerebbe essere l’alternativa, ma optiamo per seguire tre escursionisti che ci precedono sulle nevi ed indossiamo così la nostra “ferraglia” (con non poche difficoltà da parte di Stefano). Senza forzare troppo l’andatura, siamo alle calcagna dei nostri apripista, che affianchiamo sul tratto un po’ più delicato prima della sella tra Glenino e Gleno, a destra. Tolti i ramponi, gli ultimi metri si affrontano sulla mai buona roccia tipica della zona, che spesso si sgretola spiacevolmente sotto mani e piedi. Un po’ di attenzione ed eccoci sulla stretta cima alle 11.00 circa, dove scattiamo alcune foto, ma che abbandoniamo presto per far spazio a chi arriva dopo di noi. Che vista: Tre Confini e Recastello li alla portata, appena più dietro il Diavolo di Tenda, più a destra si susseguono Redorta, Coca, Diavolo di Malgina, Cime di Caronella e Torena, con alle spalle il gruppo del Bemina. Sotto di noi ed il vicino Pizzo Strinato, il lungo e stretto lago di Belviso e sullo sfondo l’inconfondibile sagoma dell’Adamello, poi le vette scalvine e, seguendo la valle del Gleno, si scorgono appena i resti della tristemente famosa diga, con all’orizzonte la mole della Presolana. Durante la salita eravamo indecisi se concatenare o meno, sulla via del ritorno, la vetta del Tre Confini, percorrendo la cresta tra le due cime (opzione che altri due escursionisti ci avevano caldeggiato durante una fase della salita): ma, vuoi la non conoscenza della stessa, vuoi la perduta confidenza con le creste medesime e come ci si muove su di esse, ci convinciamo a tornare sui nostri passi. Ovviamente siamo già più che contenti di quanto fatto, 2.000 mt di dislivello in salita ed in discesa nella stessa giornata non sono proprio roba per tutti! Eppoi son già tante, troppe le disgrazie in montagna di questa stagione estiva, non vogliamo certo allungare la lista: il primo e più importante traguardo per chi ama la montagna deve sempre essere quello di riportare a casa la pellaccia! Ad attenderci al rifugio Curò c’è poi un ottimo pranzo, quindi perché indugiare? Certo, ovvio: per farsi riempire come sempre da quest’immensità, dalla voglia di perdersi in un paradiso a poca distanza da casa...

mercoledì 22 luglio 2009

Sul Brunneghorn - 3833 mt.


Brunneghorn (3833 mt.) - 18 - 19/072009)

Ci sono montagne che ti permettono di dimostrare che a volte l'equazione "più metri di altitudine = + fatica" è una benemerita boiata.

Esempio classico questa cima del Vallese, nella Turtmanntal, che a differenza della sua "cugina" Allalinhorn è più bassa di circa 200 metri ma ha un dislivello molto maggiore e soprattutto un notevolissimo sviluppo.

Con ordine.

A guidarmi nella salita, insieme ad altri amici, è l' "Orso dell'Ossola", l'inossidabile Giorgio Giudici, ormai appoggio fisso per le esperienze su ghiacciaio.
La partenza è con tutta calma, nel pomeriggio di sabato, ed in effetti il grosso del percorso della giornata lo facciamo in macchina, fino alla valle di Turtmann, dove calziamo gli scarponi e percorriamo i tre quarti d'ora di strada che ci separano dalla TurtmannHutte, il rifugio dove pernotteremo.

La cena al rifugio è tranquilla, e lascia spazio per una foto di gruppo al tavolo:

Fuori programma, un primo piano particolarmente intenso del buon Giorgio:

Esaurite le facezie, si vola a letto presto: domani la sveglia è alle 4:30!

Dopo una notte non delle più facili (almeno per me), ci svegliamo come previsto e verso le 5:00 ci mettiamo in cammino. Cammino lungo: il dislivello è di ben 1300 mt. e ci vorranno più di cinque ore per arrivare in vetta senza strappi.

Alla partenza, l'umore di Giorgio non è dei migliori. Posto che il nostro non è l'unico gruppo a salire oggi, ad una rapida verifica, ha scoperto di essere praticamente l'unica guida alpina nei paraggi, e teme di dover fare traccia per tutti, oltre per noi!
Per fortuna siamo tra i primi a partire, ed il gruppo che ci precede ha imboccato una traccia diversa.

Dopo una prima oretta di salita su reccette e morene, inforchiamo i ramponi e cominciamo a pestar neve. Questa prima parte di ghiacciaio non è troppo dura, ma spiega il perchè della lunghezza del percorso: a salitelle relativamente dolci si alternano falsopiani piatti, panoramicamente spettacolosi e la foto lo testimonia:

Ma sono lunghi, molto lunghi. In sostanza, lo sviluppo aumenta parecchio, ma l'altitudine no!

Ed è con questo tratto sulle gambe che attacchiamo l'ultima ora e mezzo di salita verso la cima. Ed a questo punto il percorso, finora morbido, si alza improvvisamente in piedi, e sul ghiaccio più duro.
Fortunatamente il cielo, finora un po' coperto, si è ben aperto, ma al sole si accompagnano le classiche rafficone di quota, che ci obbligano a tirare definitivamente fuori giacche a vento e guanti:

Quest'ultimo tratto è ovviamente il più duro, e comincio veramente ad andare in riserva. Non penso di non riuscire ad arrivare, ma sto veramente raschiando il fondo del barile.

Arriviamo in cima, e la vista è splendida. A nostra disposizione ci sono, in primissimo piano, il Weisshorn ed il Bischorn ed in tutto questo il Semper Voster ben si merita il ritratto di fianco alla croce:


La permanenza in vetta è breve: la cima è piccola, il vento forte e la discesa sarà parecchio lunga...

A questo punto le mie ginocchia, già provate, ricevono la mazzata finale dalla discesa in cordata. Risultato: sono stanco e meno lucido di quello che pensavo, e ripercorrendo uno dei falsopiani dell'andata, in una zona di crepacci, metto un piede in fallo e cado giù come una pera cotta.
E qui Giorgio un po' s'arrabbia, e ha ragione: va bene la stanchezza, ma devo stare più attento. Una sana lezione.

All'arrivo al rifugio, il mio ginocchio sinistro è davvero distrutto, e affronto la discesa dal rifugio alle macchine piegando pochissimo la gamba, un vero tormento.

Non prima, però, di aver fatto un'ultima foto al Weisshorn dalla TurtmannHutte, che con la luce del primo pomeriggio è uno spettacolo senza pari:


Già rivedendo questa foto, il dolore s'attenua. Figuratevi voi cosa può succedere quando riguardo il video panoramico girato in vetta:



Chissà come mai...

domenica 28 giugno 2009

I miei primi 4000 metri (...e 27, per la precisione)!


Allalinhorn (4027 metri) - 27 giugno 2009

Il titolo potrà sembrare un po' pignolo, ma ho pur sempre un titolo di "escursionista più tassonomico e non nozionistico delle Alpi" da difendere, per cui concedetemelo.

E poi, l'avvenimento è di quelli che meritano, perchè finora i 4000 metri li avevo solo visti, e nemmeno troppo da vicino, dato che l'altitudine massima l'avevo toccata circa due anni fa al rifugio Cosmique, che supera di poco i 3600.
Per la verità, l'Allalinhorn ce l'avevo in testa da un mattino di un anno e mezzo fa, quando giunti alla partenza della funivia di Saas-Fee in compagnia di Giorgio (a cui mi sono unito anche stavolta) fummo costretti a fare marcia indietro e tornarcene a casa con le pive nel sacco per via del maltempo.
E proprio non mi era andata giù.

Questa volta era quella buona, ma la malasorte ci ha provato anche a 'sto giro a mettermi i bastoni tra le ruote, fin dall'autostrada.
Partito da Milano alle 5:00, per arrivare comodo all'appuntamento di Montecrestese alle 6:30, mi ritrovo con i piani saltati già ad Arona, quando sono costretto ad uscire dall'autostrada per via dei lavori ed a farmela per statali fino a Gravellona Toce.

Dopo essermi giocato un paio di secoli abbondanti di purgatorio a suon di sacramenti ed improperi assortiti, all'imbocco della Provinciale del Sempione mi metto a tavoletta ed arrivo al ritrovo con solo un quarto d'ora di ritardo, e lascio la macchina al parcheggio per aggregarmi al gruppo di Giorgio con direzione Canton Vallese.

A Saas-Fee, le nuvole sopra di noi sono belle fitte, e comincio a temere di beccarmi un'altra fregatura, ma Giorgio tranquillizza tutti: in cima il tempo è per lo meno accettabile, e quindi si parte.

Breve riscaldamento forzato per raggiungere a piedi l'ultima funivia (la prima è chiusa!) e saliamo comodamente seduti fino a 3500 metri.
Qui il tempo è... variabile! Siamo pressochè in mezzo alle nubi, ma il sole riesce a filtrare lo stesso, per cui è con un po' più di fiducia che mi allaccio imbrago e scarponi e mi incammino con gli altri.

Dopo un primo tratto pianeggiante, si comincia a salire morbidamente, e c'è spazio per le prime viste e le prime foto, grazie anche alle nubi che ogni tanto si aprono:

Il tempo va-e-vieni, ed il fatto che gli impianti di sci estivo del Mittel-Allalin sono ancora chiusi , portano con se un altro vantaggio: la montagna è sostanzialmente tutta per noi, e possiamo permetterci di regolare il passo come meglio crediamo. Davanti a noi c'è solo un altro gruppo, che poi reincontreremo in vetta:


Andiamo su belli regolari, ma non nascondo una certa emozione quando, ad una sosta, chiedo a Giorgio a che altitudine siamo: "3900 circa."
Ci siamo quasi.

Vicini alla vetta, le nubi si aprono e, a turno, alcune vette lontane mettono fuori il crapino. Fra i più intraprendenti sbuca il Taschorn:

Con i suoi 4491 metri è ancora un po' fuori dalla mia portata, ma non ci penso. Ormai manca veramente poco, e l'ultimo strappetto ci porta in cima.

Non sto davvero più nella pelle. Seppur di pochi metri, ho sfondato quota 4000. I miei compagni di cordata non si lasciano scappare l'occasione: "Primo 4000? Paghi da bere!"

Foto del Semper Voster in vetta:

La foto di gruppo l'ho lasciata all'inizio, come degna copertina (grazie a Fabrizio che ci ha messo la macchina e ad Orietta che l'ha scattata).

E poi mi godo la vista, l'altezza e il gran gusto del tutto.

Pochi metri sotto la vetta c'è un buon riparo per fermarsi e mangiare con tutta calma, senza neanche sentire troppo freddo. Per la verità, nonostante l'altitudine ed il vento, fa proprio un caldo porco, e non devo nemmeno mai mettere su pile e guanti, nemmeno stando fermo.

Dopo pranzo scendiamo rapidamente: la neve fresca presente su tutto il pendio permette anche qualche taglio "dritto per dritto" di ciaspolatoristica memoria (o forse si dice ciaspolatoria? Ciaspolistica? Ciaspolest... basta, va'...).

La parte sostanzialmente più comica arriva alla fine: tutta l'escursione, fra salita e discesa, nonmi ha stancato tanto quanto le ultime centinaia di metri di pianoro prima di tornare alla stazione della funivia: la neve battuta dai gatti, ormai ridotta a pappa dal sole del primissimo pomeriggio fa affondare da matti, ed arrivo alla fine letteralmente con la lingua di fuori. Guardando i miei compagni, mi accorgo di non essere il solo...

Piccolo inciso finale: se vi capita di andare per monti, e beccate qualcuno che vi chiede "ma chi te lo fa fare?", fategli vedere questa panoramica video che ho preso con la mia macchina fotografica dalla cima dell'Allalinhorn e rispondete alla loro domanda semplicemente dicendo "Questo":



E non stupitevi se poi non volerà più una mosca...