venerdì 26 ottobre 2007

Metti una domenica d'autunno a 3000 metri...

domenica 21 ottobre 2007

A voler ben vedere, il giro di oggi è nato tre settimane fa.
Per la precisione, il 30 settembre.
Alle nove e mezza del mattino, a Saas Fee, quando nel parcheggione siderale, alzando lo sguardo, al posto dell’Allalinhorn c’era un nuvolone bello compatto.
Fu così che decidemmo di rinviare la salita al nostro primo 4000, per compierla in una giornata migliore, pensando a metà o fine ottobre; fu così anche che la nostra giornata finì al rifugio di Giorgio all’Alpe Parpinasca con le gambe sotto al tavolo, i bicchieri pieni il giusto e le forchette ben piantate nel ben di dio che Aurora ci aveva preparato, a farci quattro risate di gusto in bella compagnia…

Fatta questa premessa, doverosa per chi quel giorno non era con noi (ed immagino quanto avrà capito dei deliri fascio-stalinisti di Paolo prima e Dario poi…), veniamo al dunque.
Alla fine, anche stavolta il 4000 è saltato, ma Andrea ed io avevamo deciso di fare un bel giro comunque, viste le previsioni meteo ottimistiche. E così, dalla quota preventivata abbiamo deciso di togliere “solo” mille metri.
La meta stabilita è stata il rifugio Mezzalama, alla testata della Val d’Ayas.

Allora, eccoci poco prima delle nove a Saint Jacques coperti non poco per via del “freschino” che ci accoglie; ed eccoci una quarantina di minuti più tardi al Pian di Verra Inferiore, fuori dal primo ripido tratto nel bel bosco di larici con il loro autunnale color giallo-ocra.
La testata della valle ci si mostra ora in tutta la sua maestosità, con il bianco dei ghiacciai che scendono dalle vette del Rosa davanti a noi, si riconoscono i Breithorn, il Roccia Nera, e poi Polluce e Castore. A sinistra abbiamo la bastionata scura della Rocca di Verra, mentre quasi alle nostre spalle, verso sud ovest spicca la sagoma appuntita del Grand Tournalin.
Ci dirigiamo ora verso il Pian di Verra Superiore lungo la strada sterrata un po’ noiosetta, tagliando qua e là, dove possibile, qualche tornante per accorciare il percorso. Ad un certo punto la strada spiana e ci troviamo in un bel valloncello, con il torrente semi-ghiacciato che scorre placidamente a pochi passi da noi.
Siamo ormai in vista delle baite del Piano, quando un cartello ci indica sulla sinistra il sentiero per il rifugio.
Ora il sentiero è di nuovo stretto e ripido, e con una serie di tornanti ci porta sul filo della morena. Dopo una pausa durante la quale scattiamo qualche migliaio di foto (il panorama è selvaggio e meraviglioso, siamo circondati da rocce e ghiaccio dappertutto, con la lingua grigiastra del Ghiacciaio di Verra che termina proprio qua sotto, mentre sulla destra compare un bel laghetto glaciale), riprendiamo a seguire la sottile traccia che risale la morena tenendosene ora sempre sul bordo, con il rifugio a guardarci dall’alto con le sue pareti di legno scuro e le imposte rosse.
Vuoi per la quota, vuoi per il dislivello già nelle gambe, vuoi per la salita che ora è bella in piedi, ma il nostro passo rallenta, mentre altri escursionisti via via ci passano davanti. Gli ultimi centocinquanta metri di dislivello li percorriamo ad andatura turistica (Bicio direbbe a passo Len.In., che non c'entra nulla con la politica, ma che sta per “LENto ed INesorabile”), fino ad arrivare al rifugio.
La porta d’ingresso ed una finestra sono aperte, ed è una fortuna (o così sembra), perché qua fuori non è che ci sia esattamente una temperatura tropicale…
Entriamo, e si congela!!! Mooolto peggio che fuori!
Nella penombra della sala incontriamo un paio di ragazzi che ci avevano sorpassato prima, loro hanno ormai finito i loro panini e stanno per uscire per non restare ibernati… io frugo nella credenza alla ricerca di pentolame e di un fornelletto a gas, poi tiro fuori dallo zaino una bella busta di pizzoccheri… qualcosa di caldo ci vuole! E poi, bisogna pur festeggiare il battesimo dei 3000 metri di Andrea… Proviamo ad offrire una porzione di pizzoccheri ai due, che però sono decisi a proseguire verso il rifugio delle Guide d’Ayas, che domina il Mezzalama dall’alto dello sperone roccioso cui è attaccato.
Dopo aver salutato i due ci dedichiamo al pranzo, dopodiché usciamo a scattare qualche foto al meraviglioso panorama, che ora è anche illuminato dal sole pieno. Nel mentre, si sente un boato provenire dal vicino ghiacciaio, ed una nuvola bianca compare lì dove un seracco è appena crollato… impressionante, come impressionante è lo stato dei ghiacciai… vedere di quanti metri s’innalza la morena rispetto al livello attuale della lingua di ghiaccio, e rendersi conto che lì dove abbiamo posato i piedi una volta – e neanche troppo tempo fa – era tutto ghiaccio, in effetti fa riflettere…

Come sempre, la voglia di andarsene da un altro posto fantastico rasenta lo zero, ma tocca…
La discesa si svolgerà in tutta tranquillità e lentezza e chiacchierando piacevolmente, per poterci ancora riempire gli occhi di tanto splendore, d’altra parte non c’è nessuna fretta.
All’imbrunire siamo di nuovo a Saint Jacques per una birra, e ritroviamo i due ragazzi di ritorno dal Guide, che per un centinaio di metri non hanno raggiunto; ci chiedono se sappiamo quanti gradi c’erano su al Mezzalama, loro lo sanno: diciotto sottozero…
Lo dicevo io, che non era caldissimo… ma in fondo ad una giornata così, del freddo non me ne pò fregà de meno!!!

venerdì 19 ottobre 2007

Quando la montagna non ti vuole...

domenica 14 ottobre 2007

Un’altra volta.
Non ci credo, m’hai fregato un’altra volta…
Passi per le piovose estati orobiche, quando piove ognuno si fa i fatti propri, si sa.
Passi per quando dovevo venirti a trovare con Bicio, per te avevo provato anche a prendere delle ferie fuori stagione, ma il capo non me l’aveva permesso.
Ma stavolta ogni tassello sembrava incastrarsi là dove serviva, e pensavo che sarei finalmente riuscito ad averti tutta per me.
O, se non proprio tutta, mi bastava almeno averti.
Stavolta avevo studiato il tuo carattere, sapevo che sulle prime ti saresti timidamente nascosta, perché in fondo penso tu sia timida, è per questo che tanti ti cercano.
Però sapevo anche che se non mi fossi dato per vinto, prima o poi avresti scostato dolcemente le tendine dietro cui ti eri rifugiata, e ti saresti alla fine decisa ad accogliermi, forse avresti anche indossato il vestito buono, per me.
Certo ti saresti fatta desiderare, ma ero pronto a dar fondo alle mie risorse, pur di averti… dicono che una conquista abbia un sapore più dolce e valga di più, se costa fatica. Si vede che la mia fatica non era abbastanza, per te.
Ho provato a scavalcare le nuvole, per poterti conoscere… vuol dire che dovrò fare ancora di più.

Ma c’è una cosa che voglio tu sappia.
Non finisce qui.
Non fare quella faccia, adesso, non è una minaccia la mia, è una promessa, a te ma soprattutto a me stesso. Sappi che non ce l’ho con te, anzi.
Penserai che io sia deluso, tutt’altro. Sono felice di averti anche solo intravista, ti sono grato per avermi lasciato accarezzare i tuoi fianchi sinuosi, per avermi degnato anche di un solo, lontano sguardo dall’alto della tua indifferenza, e di avermi dato modo di ammirare un piccolo pezzettino del mondo meraviglioso che ti circonda…
E so anche che un giorno sarai tu a cedere, è solo questione di tempo e di portar pazienza. Non sei cattiva, lo so, è che forse anche tu hai bisogno di conoscermi un po’ meglio…

Per ora, farò finta di non aver camminato per ore in mezzo alla nebbia, di non aver risalito quasi senza vederlo un paradiso che chiamano valle d’inferno, di non essermi seduto a riposare sulla soglia di baite strane con un masso per tetto, di non aver visto gente regalarti la sua colazione, per poi cercare di oltrepassare il limite ed infine arrendersi quando proprio non ce n’era più…
Farò finta di niente, perché almeno stavolta ho potuto godere dell’eleganza del tuo profilo, mi hai svelato qualcuno dei tuoi segreti, e son sicuro tu sia stata sincera.

Sono qui ora, e per un po’ ti lascerò in pace, ci sono tanti altri posti da vedere e cose belle da fare.
Ti lascio stare per un po’, però porto via con me il ricordo delle mille calde sfumature di colore del tuo vestito d’autunno, del blu del tuo cielo e della meraviglia di una coperta grigia di nuvole a nascondere il grigio più smorto della quotidianità.

Anche stavolta m’hai fregato, ma non la prendo come uno sgarbo. Una burla, tutt’al più.
Tanto, prima o poi tornerò ad importunarti, tranquilla…

Solo una cosa mi chiedo: sei una splendida montagna, e per me sei come una bellissima donna. Come mai allora ti hanno dato un nome maschile: Pizzo dei Tre Signori?!?

lunedì 15 ottobre 2007

E' passato solo un mese...

Con questo post, "I VagaMonti!" aderisce a Blog Action Day 2007

7 settembre 2007

Mi trovo sulle Dolomiti. E’ il terzo di quattro giorni di trek presso le Tre Cime di Lavaredo, con Fabrizio e gli amici di Zaino In Spalla (che ho descritto ampiamente in un post precedente).

La tappa di oggi prevede un lungo sentiero ad anello, prima in discesa dal Rifugio Locatelli, nostro “campo-base”, fino in Val Fiscalina e ritorno.

Lungo il giro, ci accompagna la vista delle torri dolomitiche e, tra le altre, Cima Una.


12 ottobre 2007

Ore 9 del mattino. Un costone di roccia di 100 metri si stacca dalla torre di Cima Una, franando a valle e ricoprendo tutto di polvere di calcare. Fortuna ha voluto che non ci fossero vittime, ma ormai la cima è sfigurata per sempre.

A me resta una sensazione difficile da definire, perché realizzo che solo un mese fa era tutto diverso, e mi chiedo quale combinazione (io la definisco così, ognuno ci metta il termine che riterrà più opportuno) ha voluto concedermi la fortuna di vedere le Dolomiti ancora intatte.

Viene voglia di tornarci, per poter “toccare con mano” la differenza, e prima o poi lo farò.

Ma dovrò prima abituarmi all’idea, perchè è pazzesco pensare che un cambiamento così radicale possa avvenire così di botto.

Viene naturale voler ricondurre questi fatti al dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente. Certo, uno pensa: “Come facevi a fermare 60 mila metri cubi di roccia? Con le mani?”

Ovviamente no.

Ma un buon inizio sarebbe recuperare quel rispetto per le montagne che si va perdendo, fin dalle cose più banali.

Perché se riesci a non buttare una cartina (per esempio) di caramella lungo il sentiero, allora forse riesci anche a non buttare una bottiglietta di plastica. E a non buttare un sacchetto. E a lasciare i fiori dove stanno. E a non disturbare gli animali. E a non dar loro la caccia. E a non accendere fuochi.

E così via, e così via…

Vale la pena pensarci.

sabato 13 ottobre 2007

non sarà tempo perso...

ho appena acceso il pc e ho trovato questa bellissima mail...
l'ha spedita Diego... anche Bruno l'ha spedita ai nostri amici...
la posto qui sotto per tutti...

" Ad una cena di beneficenza per una scuola che cura bambini con
problemi di apprendimento, il padre di uno degli studenti fece un
discorso che non sarebbe mai più stato dimenticato da nessuno dei
presenti. Dopo aver lodato la scuola ed il suo eccellente staff, egli
pose una domanda:
"Quando non viene raggiunta da interferenze esterne, la natura fa il
suo lavoro con perfezione. Purtroppo mio figlio Shay non può imparare
le cose nel modo in cui lo fanno gli altri bambini. Non può
comprendere profondamente le cose come gli altri. Dov'è il naturale
ordine delle cose quando si tratta di mio figlio?"
l pubblico alla domanda si fece silenzioso.
Il padre continuò: "Penso che quando viene al mondo un bambino come
Shay, handicappato fisicamente e mentalmente, si presenta la grande
opportunità di realizzare la natura umana e avviene nel modo in cui le
altre persone trattano quel bambino."
A quel punto cominciò a narrare una storia:
Shay e suo padre passeggiavano nei pressi di un parco dove Shay sapeva
che c'erano bambini che giocavano a baseball. Shay chiese: "Pensi che
quei ragazzi mi faranno giocare?" Il padre di Shay sapeva che la
maggior parte di loro non avrebbe voluto in squadra un giocatore come
Shay, ma sapeva anche che se gli fosse stato permesso di giocare,
questo avrebbe dato a suo figlio la speranza di poter essere accettato
dagli altri a discapito del suo handicap, cosa di cui Shay aveva
immensamente bisogno. Il padre si Shay si avvicinò ad uno dei ragazzi
sul campo e chiese (non aspettandosi molto) se suo figlio potesse
giocare. Il ragazzo si guardò intorno in cerca di consenso e disse:
"Stiamo perdendo di sei punti e il gioco è all'ottavo inning. Penso
che possa entrare nella squadra: lo faremo entrare nel nono"
Shay entrò nella panchina della squadra e con un sorriso enorme, si
mise su la maglia del team.
Il padre guardò la scena con le lacrime agli occhi e con un senso di
calore nel petto.
I ragazzi videro la gioia del padre all'idea che il figlio fosse
accettato dagli altri.
Alla fine dell'ottavo inning, la squadra di Shay prese alcuni punti ma
era sempre indietro di tre punti. All'inizio del nono inning Shay
indossò il guanto ed entrò in campo. Anche se nessun tiro arrivò nella
sua direzione, lui era in estasi solo all'idea di giocare in un campo
da baseball e con un enorme sorriso che andava da orecchio ad orecchio
salutava suo padre sugli spalti. Alla fine del nono inning la squadra
di Shay segnò un nuovo punto: ora, con due out e le basi cariche si
poteva anche pensare di vincere e Shay era incaricato di essere il
prossimo alla battuta. A questo punto, avrebbero lasciato battere Shay
anche se significava perdere la partita? Incredibilmente lo lasciarono
battere. Tutti sapevano che era una cosa impossibile per Shay che non
sapeva nemmeno tenere in mano la mazza, tantomeno colpire una palla.
In ogni caso, come Shay si mise alla battuta, il lanciatore, capendo
che la squadra stava rinunciando alla vittoria in cambio di quell
magico momento per Shay, si avvicinò di qualche passo e tirò la palla
così piano e mirando perché Shay potesse prenderla con la mazza. Il
primo tirò arrivò a destinazione e Shay dondolò goffamente mancando la
palla.
Di nuovo il tiratore si avvicinò di qualche passo per tirare
dolcemente la palla a Shay. Come il tiro lo raggiunse Shay dondolò e
questa volta colpì la palla che ritornò lentamente verso il tiratore.
Ma il gioco non era ancora finito. A quel punto il battitore andò a
raccogliere la palla:
avrebbe potuto darla all' uomo in prima base e Shay sarebbe stato
eliminato e la partita sarebbe finita. Invece... Il tiratore lancio la
palla di molto oltre l'uomo in prima base e in modo che nessun altro
della squadra potesse raccoglierla. Tutti dagli spalti e tutti i
componenti delle due squadre incominciarono a
gridare: "Shay corri in prima base! Corri in prima base!" Mai Shay in
tutta la sua vita aveva corso così lontano, ma lo fece e così
raggiunse la prima base. Raggiunse la prima base con occhi spalancati
dall'emozione. A quel punto tutti urlarono:" Corri fino alla seconda
base!" Prendendo fiato Shay corse fino alla seconda trafelato. Nel
momento in cui Shay arrivò alla seconda base la squadra avversaria aveva
ormai recuperato la palla..
Il ragazzo più piccolo di età che aveva ripreso la palla quindi sapeva
di poter vincere e diventare l'eroe della partita, avrebbe potuto
tirare la palla all'uomo in seconda base ma fece come il tiratore
prima di lui, la lanciò intenzionalmente molto oltre l'uomo in terza
base e in modo che nessun altro della squadra potesse raccoglierla.
Tutti urlavano: "Bravo Shay, vai così! Ora corri!" Shay raggiunse la
terza base perché un ragazzo del team avversario lo raggiunse e lo
aiutò girandolo nella direzione giusta. Nel momento in cui Shay
raggiunse la terza base tutti urlavano di gioia. A quel punto tutti
gridarono:" Corri in prima, torna in base!!!!" E così fece: da solo
tornò in prima base, dove tutti lo sollevarono in aria e ne fecero l'eroe
della partita.
"Quel giorno" disse il padre piangendo "i ragazzi di entrambe le
squadre hanno aiutato a portare in questo mondo un grande dono di vero
amore ed umanità".
Shay non è vissuto fino all'estate successiva. E' morto l'inverno dopo
ma non si è mai più dimenticato di essere l'eroe della partita e di
aver reso orgoglioso e felice suo padre..non dimenticòmai l'abbraccio
di sua madre quando tornato a casa le raccontò di aver giocato e
vinto.
ED ORA UNA PICCOLA NOTA AL FONDO DI QUESTA STORIA:
In internet ci scambiamo un sacco di giochi e mail scherzose senza che
queste ci facciano riflettere, ma quando si tratta di diffondere mail
sulle scelte della vita noi esitiamo. Il crudo, il volgare e l'osceno
passano liberamente nel cyber spazio, ma le discussioni pubbliche
sulla decenza sono troppo spesso soppresse nella nostre scuole e nei
luoghi di lavoro.
Se stai pensando di forwardare questo messaggio, c'è probabilità che
sfoglierai i tuoi contatti di rubrica scegliendo le persone
"appropriate" o "inappropriate" a ricevere questo messaggio.
Bene: la persona che ti ha mandato questa e-mail pensa che TUTTI NOI
POSSIAMO FARE LA DIFFERENZA.
Tutti noi abbiamo migliaia di opportunità, ogni giorno, di aiutare il
"naturale corso delle cose" a realizzarsi.
Ogni interazione tra persone, anche la più inaspettata, ci offre una
opportunità: passiamo una calda scintilla di amore e umanità o
rinunciamo a questa opportunità e lasciamo il mondo un po' più freddo?
Un uomo saggio una volta disse che ogni società è giudicata in base a
come tratta soprattutto i meno fortunati.
Ora tu hai 2 scelte:
1.cancellare
2.inoltrare
Possa questo giorno essere un giorno luminoso."

un abbraccio...
andrea

p.s. Grazie a chiunque abbia fatto partire questo bellissimo messaggio...

lunedì 8 ottobre 2007

Allalinhorn: con la voce del popolo tuona la verità!

Eroi.

Quale altro nome potremo mai dare a questi campioni, degni figli della patria proletaria i quali, fedeli alla linea dei Grandi Maestri, hanno osato voler piegare la vetta dell'Allalinhorn?

A lungo hanno provato, ed ancora proveranno, le voci minoritarie e mensceviche o (peggio ancora!) nere e reazionarie, a distorcere la verità, a gettare un'ombra malvagia su ciò che definitivamente accadde.
Ma la voce del popolo, che mai si può fermare, tuona a rossi caratteri cubitali i nomi degli eroi, e possa il fuoco delle acciaierie del Soviet scolpirli nelle vostre menti, o giovani bugik che qui leggerete...

Tutto era iniziato sotto i migliori auspici: con l'appoggio tecnico-logistico dei compagni del Collettivo "Primo Maggio" (e gli auspici dei ragazzi del Presidium, tra un giro di vodka e l'altro), la spedizione partiva verso le vette svizzere da una Piazza Rossa gremita, dove il popolo lavoratore spontaneamente riunito la salutava in festa:


Ma già nubi maligne, non a caso nere, si addensavano nel cielo, facendo presagire tempo avverso. E non era tutto: un membro della spedizione veniva bloccato sulle Strade a Grande Scorrimento, senza possibilità di uscita.
Un'oscuro disegno reazionario? Un bieco trucco di quell'opposizione atlantica che tutti ben conosciamo? Quasi certamente.
Ma non si tratta che di un minuscolo granello nel roboante meccanismo di quella Gioiosa Macchina Da Guerra, che ormai da più un secolo nessuno ha saputo fermare.
Alfine il gruppo si componeva e, inesorabile come un Piano Quinquennale, volgeva alla volta del punto d'incontro con la guida, onde partire...

Il sole, conscio dell'altissimo valore storico e del contributo alla rivoluzione proletaria propri di quest'alta impresa, faceva capolino lungo le strade d'oltre confine. Ma gli agguati squadristi non erano ancora terminati.

Giunti al campo-base... La beffa delle beffe: Il sole splende. Tutte le cime sono baciate dal cielo limpido.
Meno la loro, ancora e sempre coperta dalle nubi. E i nostri sono costretti a deporre le pacifiche armi proprie di quell'Armata Rossa delle montagne che ormai sono diventati nei cuori di tutti noi.

Molto ha potuto il comunque meritato ristoro che li ha accolti lungo la via del ritorno, ma l'animo era inquieto: poteva dunque un semplice rovescio del tempo fermarli? Dovevano dunque arrendersi?

Mai. Il destino, per quanto avverso, non li ha vinti: già si odono gli echi dei ramponi e delle corde lasciati improvvidamente a riposo... Presto o tardi, la cima sarà conquistata, il popolo proletario la reclama!

E loro la conquisteranno...

lunedì 1 ottobre 2007

Addì 30 Settembre 1927, la gloriosa conquista dell'Allalinhorn!

Questo resoconto è stato ciclostilato per rendere lustro e giusto tributo alle azioni valorose di un manipolo di eroi che, con sprezzo del pericolo e audacia fuor di pari, scolpirono nel granito della storia questa eroica impresa!

L'importantissima e segreta missione iniziò con ritrovo nel cuore della notte alla periferia della città di Milano dove, muniti di autoveicoli di chiara marca italica ci riunimmo in gran segreto e ci apprestammo a iniziare il viaggio verso la frontiera elvetica.

L'attesa si protrasse oltre le previsioni a causa di un manipolo di dissidenti che cercò senza successo di impedire l'arrivo della vettura proveniente dalla Bergamasca.
Scampato il tranello nemico, ci immettemmo sulla regia strada dei laghi in direzione Val D'Ossola stemperando l'attesa con canti scollacciati e volgari!










Il nostro valoroso ufficiale di coordinamento Bruno Cunigo
per tranne in inganno il nemico e farsi testè beffe di lui, si raccomandò di farsi chiamare Kunig, ci spiegò in gran segreto che, in quel di Val D'Ossola, avremmo dovuto incontrare la nostra guida, nome in codice Giorgioh, che avrebbe dovuto farci lumi nella via alpinistica che porta all'Allalinhorn. Il tutto sarebbe dovuto avvenire con fulminea prontezza e nervi d'acciao. Battendo prontamente il nemico sul tempo e lasciando la spedizione avversaria svizzera con un pugno di mosche!










Le nostre possenti vetture italiche ci portarono all'appuntamento spaccando il minuto di netto in due. Imbarcammo senza esitazione la nostra guida Giorgioh e nel cuore della notte sfrecciammo senza esitazione oltre gli italici confini nella terra nota per gli orologi, il cioccolato e la chiara origine non romana!











Finalmente giunti nel paese di "Saas Fee" che venne prontamente ribattezzato in "Sasso Littorio" scalpitando già nell'azione ci approntammo ad affrontare la missione ma, proprio durante i preparativi, venimmo intercettati da donne con fare lascivo al di fuori di locali equivoci che vendevano a modica cifra le loro virtù contanto poi di truffare col cambio sul franco! Non volendo a nessun costo far rese alla nostra virilità stavamo quasi cadendo nel tranello quando prontamente intervenne Kunig al grido di "DAS NIE SEIN EIN TETTA!"
Fummo prontamente scossi dalle loro malizie dal Kunig il quale, distogliendo il loro abbigliamento discinto, mise in mostra il posticcio simulacro atto ad allattare e, venendo sì prontamente scoperti nelle loro manovre di depistaggio, i nemici in sì modo camuffati si allontanarono nello sfottè generale!



Scampato il pericolo la squadra si preparò con tutto l'equipaggiamento più moderno forgiato appositamente nelle italiche fabbriche con la robustazza dell'acciaio, la leggerezza della piuma e l'ingegno romano!







Ma proprio nel mentre che il Kunig dava l'avvio alla squadra risuonò come una cannonata alle spalle
l'"ALT" della nostra guida Giorgioh!


Nubi dense e ostili infatti stazionavano malignamente sulla vetta da raggiungere facendo proferire alla nostra guida parole di sconforto e abbandono.

Il morale stava alle caviglie quando ancora una volta il Kunig prontamente intervenne a risolvere la situazione.

"ME NE FREGO!" disse e alle sue parole d'acciaio il gruppo lo seguì nell'entusiasmo, canzonando bonariamente le parole codarde del Giorgioh!













Qui finisce la prima parte del ciclostilato proveniente da terra straniera giunto a sacrifizio della vita a imperitura memoria della gloriosa missione che portò le italiche prodezze ai 4.000 metri elvetici!