sabato 31 maggio 2008

Camminando tra nuvole neve e pioggia...

Fenetre Durand
25 maggio 2008

“Ecco, noi dobbiamo andare là.”
Mentre sono preso dalla lotta con uno scarpone che non vuole saperne di infilarsi, giro lo sguardo nella direzione indicata da Paolo.
E quello che vedo non è niente male: una fila di cassonetti dell'immondizia, le baite di Glassier, qualche albero, e pochi metri più su una massa grigia e compatta: il Nulla? No, semplicemente dei bei nuvoloni scuri e densi, che si son mangiati tutto il panorama intorno. E noi dovremmo andare proprio lì in mezzo? Pronti, che problema c'è?

A ranghi serrati ci s'incammina lungo il sentiero che subito guadagna quota in modo piuttosto deciso; è un bel gruppo variegato, questo, composto da esperti biologi, vermologi e persino “caccologi”; c'è chi sale in jeans e chi – stoicamente – in scarpe da tennis; ma anche chi ama la montagna ma detesta la neve (e forse non sa cosa l'aspetta ;-) ), e poi chi quando è in città va a correre, chi a correre non ci va più, e chi legge libri in svedese tradotti dall'islandese.
E poi ci siamo anche Andrea ed io, per la prima volta insieme ad un gruppo di Sentierando, qui in Valpelline, diretti verso la Fenetre Durand, valico a 2800 metri fra la Val d'Aosta e la Svizzera, da dove durante la guerra transitò anche il futuro Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, all'epoca in fuga dall'Italia e dai fascisti.
Mentre si sale si chiacchiera di tutto un po', spaziando dalle caratteristiche dei fiori incontrati lungo il percorso alle abitudini dei bonobo “sotto le lenzuola”, che pare usino anche fumare una sigaretta, dopo... insomma, il sentiero scivola veloce sotto i nostri scarponi, ma noi quasi non ce ne accorgiamo.
Ad un certo punto, dopo aver per un momento lambito un bel torrente gonfio d'acqua, ci troviamo su una strada bianca, che lasceremo e riprenderemo più volte, fino a salire ad una zona di pascoli, dove fango ed erba giallastra la fanno da padrone, mentre compaiono le prime chiazze di neve, e qualche marmotta (che visto il clima forse preferirebbe restare in letargo) fischia forse per salutarci o forse per mandarci qualche accidente, chissà.
Man mano che si procede la neve aumenta, e in alcuni punti copre il sentiero, cosicchè dobbiamo anche calpestarla.
Rimontiamo un pendio, passiamo di fianco ad un alpeggio, poi un traverso sulla neve ed arriviamo alle ultime baite, mentre per alcuni momenti il panorama si scopre un poco, permettendoci di scattare finalmente qualche foto, mentre fino ad ora eravamo completamente avvolti dalle nuvole.

Da qui alla Fenetre manca l'ultimo ripido pendio, naturalmente ricoperto di neve – ora è anche bella fonda – ma ci vuol ben altro per fermare una tal banda. Allora una breve pausa, un saluto all'escursionista “anti-neve” che non ne vuol più sapere di andare avanti e si ferma qui ad aspettarci per il pranzo, e si riparte per l'ultima oretta scarsa di cammino, con Paolo a batter traccia nella neve e noialtri come tanti indiani a calpestare le sue impronte. Ad un momento ci si trova sotto un ripido pendio, che Paolo vorrebbe risalire, anche se poi decide di aggirarlo sulla destra, anche perchè il sentiero, che passa sull'altro lato, è completamente invisibile.
Ora la fatica comincia a farsi sentire, il gruppo si sfilaccia un po', e si capisce che non ce la faremo ad arrivare alla nostra meta, per cui
decidiamo di risalire uno speroncino erboso sgombro dalla neve, e di accontentarci così. Quando arriviamo tutti nel punto concordato comincia pure a nevischiare, per cui ci si ferma giusto il tempo di scattare una foto di gruppo e poi, dopo aver ammirato il piccolo lago di Fenetre pochi metri più in basso ed aver rivolto un'occhiata al colle, ormai a pochi minuti di distanza, torniamo sui nostri passi, scendendo velocemente alla baita dove troviamo la nostra “collega” beatamente addormentata, avvolta in un telo termico.
Ora il nevischio s'è trasformato in pioggia, che non ci abbandonerà più.

Per mangiare ci sistemiamo alla bell'e meglio cercando dei posticini il più possibile all'asciutto, e Andrea tira fuori dallo zaino-cambusa una torta ed un vasetto di Nutella per offrirli alla ciurma, come suo solito... come sempre, mittticooo!!!!
La pausa pranzo termina, e ci tocca incamminarci sulla via del ritorno, non prima di esserci intabarrati ben bene per evitare d'inzupparci troppo.
Di nuovo, il tempo passato lungo il cammino vola via veloce per merito delle chiacchiere in allegria e di qualche foto, soprattutto per immortalare il bellissimo salto d'acqua del torrente, e in men che non si dica siamo di nuovo alle macchine. La giornata però deve ancora finire, e verrà degnamente conclusa nel bar di Valpelline, davanti al birrozzo di rito e a Mr. Bean...

Che dire, di questa giornata tra i monti della Val d'Aosta?
Sarebbe facile e scontato lamentarsi delle nuvole e della pioggia che ci hanno impedito di godere dei panorami da favola di quest'angolo di paradiso, ma (forse perchè sono davvero squinternato io!) per me è stata comunque una giornata splendida: la pioggia non mi dà nessun fastidio perchè tanto – come dice sempre un caro amico – non sono solubile in acqua, e la mancanza di panorami non fa altro che darmi un motivo in più (se mai ce ne fosse bisogno) per tornare in futuro, con una bella giornata di sole, a scoprire di nuovo questi bellissimi posti.
Ma ciò che ha reso questa giornata ancora migliore è stato il gusto di poterla condividere con Paolo, Mr. Sentierando, e con questo bel gruppo di escursionisti simpatici e allegri, che ringrazio davvero di cuore per la compagnia.

La neve copre il sentiero

Lago di Fenetre

Il gruppo (quasi) al completoLo spettacolo del torrente gonfio d'acqua

P.S.: Grazie a Paolo e Andrea per le foto.

giovedì 29 maggio 2008

Per strade selvagge al Rifugio Elisa


11 maggio 2008

Le esigenze erano chiare: fare allenamento e prepararci per le future e ben più impegnative salite a venire.

E quindi la nostra scelta (mia e del Brünig) è caduta sul rifugio Elisa, in piena Grigna, con un dislivello di quasi 1200 metri, buoni per la gamba, sopra Mandello.

Anzi, Rongio di Mandello.
Val la pena di precisare, perché alla partenza la cosa ci ha fatto arrovellare il giusto.
La scena:
Bruno: "Tutto pronto?"
Io: "Sì"
Bruno: "Bene. Non so esattamente dov'è Rongio di Mandello, hai portato il TomTom?"
Io: "Sì"
Bruno "Bene. Hai provato a cercare Rongio?"
Io: "Sì"
Bruno: "Bene. Lo hai trovato sul TomTom?"
Io: "No"
Bruno: "..."

Perché è importante partire SEMPRE col piede giusto!

Vaccate topografiche a parte, arrivare a Rongio non è un problema. Molliamo la macchina e attacchiamo il sentiero, che entra subito nel bosco.

Dopo un primo saliscendi tranquillo, il primo scorcio della giornata: una grotta naturale della quale prendiamo nota per futura esplorazione con torcie. La foto non è granchè, ma da l'idea (e occhio al guano di pipistrello).


Usciti dal bosco, si comincia a salire sul serio, e il motivo per cui abbiamo scelto questa salita si rende chiaro: personalmente sono un po' giù di fiato, e devo affidarmi ad una prima sosta per bere e recuperare un minimo tra un tornante e l'altro. Anche il fatto che la giornata sia decisamente coperta, a conti fatti si rivela un bene. Anche troppo, forse: le previsioni dicono che il tempo dovrebbe tenere, ma i nuvoloni in arrivo non sembrano aver letto il giornale.

Intanto, il rifugio comincia ad intravedersi in lontananza... ma ci vorranno almeno altre due ore per arrivarci. Sono ancora in cerca di una definizione che descriva al meglio questi luoghi, e Bruno mi viene in soccorso: "Mi piace questa zona, bella selvaggia". Ci ha preso: più di tanti altri posti, questi luoghi sono "esterni", luoghi a parte, certamente non del tutto incontaminati ma di sicuro quel tanto che basta per portarti al di fuori dal resto, quando occorre. (Mi sono un po' incartato, lo so, portate pazienza... ;-) )

Giunge intanto il momento della "macro" di giornata, dedicata alle genzianelle che sul sentiero decisamente abbondano.


Superato un passaggio nuovamente nel bosco, è tempo della seconda sosta presso la baita dell'Aser, e di una fotina alla fauna locale:


L'ultima mezz'ora fino al rifugio è facile, e all'arrivo ci attende il premio: non capisco subito cos'abbia tanto da abbaiare il cane del rifugio, ma guardando meglio me ne accorgo: due camosci, che risalgono la cresta di fronte al rifugio. Sparo lo zoom al massimo ma la foto, seppur sgranata, riesce bene.


Prima di pranzo, c'è tempo di fare antipasto con un panino, e poi ci ritroviamo a tavola con il gestore del rifugio, che praticamente cucina solo per noi e se stesso e apparecchia davanti al camino acceso.

Il fuocherello che va ci spinge ad oziare un po', tanto è presto. Ma visto che nemmeno vogliamo far tardi, affrontiamo la discesa e torniamo a casa.

Che dire... rispetto alla mia ultima uscita è stata tutta un'altra cosa. Una faticata che ci voleva per risvegliare muscoli da un po' troppo tempo arrugginiti, entrare e scaldarci per progetti ben più ampi, già in moto e ben avviati...

lunedì 26 maggio 2008

Una giornata fuori dal mondo

Nell'incanto della Val Codera
4 maggio 2008

Per un lungo momento, chiudendo gli occhi, ho pensato di trovarmi in un altro tempo, ormai dimenticato, che forse noi abitanti di città tendiamo a volte a mitizzare un po' troppo.
Il paese di Codera, in effetti, sembra un luogo fuori dal tempo, e dal mondo. Appeso con le unghie al ripido pendio, ai piedi di selvagge montagne, nascosto alla vista dal fondovalle, non c'è altro modo per raggiungerlo se non usare i propri piedi e lasciarsi alle spalle i circa cinquecento metri di dislivello che lo separano da Novate Mezzola.

Quante cose ci sarebbero da raccontare, di questa giornata in Val Codera...
Si potrebbe cominciare dal collie mezzo addormentato che ci accoglie al parcheggio giù a Novate Mezzola, da dove già possiamo godere di una splendida vista sul Legnone che con la sua imponente piramide bianca di neve domina il paesaggio.
Si potrebbe continuare con la sfilza di gradini e gradoni intagliati nella roccia, che a ripide serpentine risale il fitto bosco di castagni, e della prospettiva sul lago di Novate Mezzola e sul Pian di Spagna che ad ogni passo si svelano sempre più.
Oppure descrivendo la faccia selvaggia di questa valle, col torrente che si fa sentire laggiù, e i fianchi ripidi e boscosi delle montagne.
Potrei anche parlare dell'elicottero che il Teo indovina svolgere servizio autobus, ma è meglio raccontare dell'arrivo alle baite di Avedee, che è un balcone con vista sul fondovalle dove il sentiero spiana e ci prendiamo una pausetta per riempirci gli occhi di una bellezza così.
E continuare con la parte finale del sentiero che porta a Codera scendendo a gradoni e poi risalendo dopo una galleria paravalanghe, in un ambiente da ricordare a lungo.
Potrei raccontare poi della folla in piazza a Codera ad ascoltare le brave personalità che per festeggiare il ventennale della Casa di Valle improvvisano applauditi discorsi che io capisco poco, ma preferisco prendermi una pausa e dire di quel tizio che s'incanta a guardarci addentare i nostri panini a fianco del sentiero per poi andarsene per la sua strada, mentre vengo rapito dall'incanto di alte montagne innevate che bucano la foschia oltre una stretta e profonda gola, e cullato dal profondo suggestivo canto degli alpenhorn che riempie la valle e fa saltare la mia fantasia ad un mondo antico, di cui ho già detto... è forse questa la mitica Arcadia?
Ma il tempo passa veloce e dopo pranzo ci rimettiamo in marcia, ed allora il racconto riprende parlando del ponte di pietra sul torrente che scende a rapidi salti verso il fondovalle, e poi di un secondo ponte, e poi della risalita verso le baite di Cii appese al pendio di fronte ad Avedee, e poi del tratto in costa sul mitico spettacolare sentiero del Tracciolino, che in piano percorre il fianco della montagna, affacciato sul dirupo.
Ma c'è ancora da dire del sentiero che, abbandonato il Tracciolino, scende nel fitto del bosco in fondo al vallone e poi risale al bel paese di San Giorgio, che purtroppo non visitiamo a dovere perchè, dopo aver salutato un viperozzo che ci attraversa la strada impaurito, c'e ancora da affrontare il sentiero che ci riporterà a Novate Mezzola con i suoi quaranta tornanti con panoramica vista lago, vista che come tutta l'incantevole vallata che ci siamo ormai lasciati alle spalle meriterebbe chissà quante foto, ed invece non possiamo farne neanche una, perchè stavolta siamo senza macchine fotografiche.

Quante cose ci sarebbero da raccontare, di questa giornata...
qualcuna ho provato a descriverla, tante sono rimaste impresse nella memoria, e chissà quante ancora ne restano da scoprire lassù in Val Codera, ad un tiro di schioppo dal caos della modernità, eppure così lontana da tutto, immersa nella quiete della natura e nella bellezza di una valle come poche ancora ce ne sono, nelle nostre meravigliose Alpi.