lunedì 16 giugno 2008

Nuvole, lago e cielo al Barbellino. 8 giugno 2008

E' la compagnia che fa dimenticare la pioggia. Chissà come mi vengono certe uscite, però mi escono vere. Così ancora una volta scelgo una buona compagnia sotto la pioggia e mi ritrovo sveglia in una cucina deserta con lo zaino pronto all’ingresso. Giugno piovoso e impietoso. Appuntamento a casa di Bruno, giusto il tempo per un saluto. Arriva Andrea e via, si parte. Ci conosciamo dalla finestra di Durand, altra uscita battezzata dalla pioggia, io sono quella che correva… e ho ancora in mente il barattolo di Nutella uscito come un miraggio dalla cambusa di Andrea. Arriviamo al sentiero alle 10, il tempo sembra aprirsi, fa perfino caldo. Meta di oggi: il rifugio Barbellino a 2130 metri, un buon dislivello pensando al Breithorn che ci attende. E come tanti funghi, ecco un nutrito gruppo di escursionisti che ci precede e ci affianca e ci tallona nel primo tratto della mulattiera. Qualche foto di rito, giusto per allenare la mano e l’occhio ed ecco subito, tra gli squarci del fogliame, le cascate rigonfie del Serio che ci accompagnano per un buon tratto di strada.

Dopo un’ora di cammino, usciamo finalmente allo scoperto e la mulattiera inizia a inerpicarsi lenta e quasi assolata, puntiamo in alto con buona lena, mentre qualche corridore scende controcorrente. Mi volto di tanto in tanto e lo sguardo si perde nel fondovalle sempre più lontano. Al bivio per il giro delle Orobiche, Bruno ha forse un ripensamento sulla meta di oggi, ma Andrea fortunatamente è folgorato da momentanea ispirazione artistica e obbliga entrambi ad assumere a pose plastiche neo buddiste sullo sfondo delle cascate… Passiamo il rifugio-casa-albergo Curò e iniziamo a costeggiare il bellissimo lago artificiale, con il suo verdeacqua da cartolina e la piccola cappella.

Tra scherzi e foto di rito calpestiamo quindi la prima neve (giugno?) per poi salire fino a un sentiero di roccia che corre quasi in piano sovrastando un paesaggio mozzafiato, fatto di lago e monti e nubi rigonfie; ci fermiamo giusto per seguire con lo sguardo qualche temerario alpinista sciatore.

L’ultimo tratto è silenzioso, ha iniziato a piovere e ci siamo attrezzati, chi con la giacca, chi con un’elegante mantella rossa rubata alla nonna di Cappuccetto. Manca poco ed eccoci al rifugio, un po’ bagnati e infreddoliti, dove, tolti scarponi e mantelle, infiliamo i piedi sotto il tavolo per uscirne solo dopo due ore di polenta, salumi, torta e bombardino che, dice Bruno, crea pericolosa assuefazione tra gli escursionisti. Satolli e un po’ sopiti, ricomincia la discesa, piove e non c’è niente da fare, si accetta la giornata così, al lago artificiale c’è un momento di tregua e noi ci si ferma lì, come tanti elementi matti del paesaggio, temporeggiando, chiedendo silenziosamente ancora un attimo di felicità prima di tornare al lavoro e alla città di sempre.

Il lungo giro intorno al lago ci riporta al Curò, ormai deserto, sotto la pioggia che è diventata ormai un acquazzone, si sosta per un caffè e per il diluvio universale. Si fa tardi e non spiove, e la combriccola riparte sotto mantelle, cappelli e coprizaino, e mentre il fondovalle si avvicina c'è ripensa all'anno prima, chi alle prove del coro, e così lasciamo il silenzio della pioggia e di questa splendida valle.

domenica 15 giugno 2008

Al Rifugio Omio

Tra Bagni introvabili, cartelli traditori ed e-conference di altissimo livello

1 giugno 2008


La continua ricerca di percorsi allenanti per le imprese a venire porta me ed il Brünig la Rifugio Omio, in Val dell'Oro, sopra i Bagni di Masino...

...A trovarli, i Bagni di Masino. Sì perchè, come sempre, al momento di digitare il luogo di destinazione sul mio TomTom, non compare nulla, e ci tocca arrangiarci da San Martino in poi. Arriviamo comunque sul posto senza problemi, per poi scoprire che il navigatore indicava il luogo come "Bagni DEL Masino", aggiungendoci per simpatia anche una bella pernacchia...

Fa niente. Partiamo dal parchieggio e, dopo pochi minuti, un cartello ci indica una via alternativa e più lunga a quella che dovremmo percorrere per giungere a destinazione. Chissà perchè, la tentazione di seguire il suggerimento non ci sfiora nemmeno per un minuto...


Subito dopo, una piccola deviazione ci porta a pochi metri dal letto di un torrentello bello carico dopo le pioggie degli ultimi giorni. Mi avventuro tra i sassi umidi per avvicinarmi il più possibile, salvo poi vedere Bruno arrivare in tutta tranquillità e sicurezza indicandomi, con quello sguardo da prendingiro di cui solo lui è capace, un sicuro passaggio a pochi metri di distanza...


Fa niente (di nuovo). Iniziamo a camminare sul serio, e ci inoltriamo nel bosco fino ad una prima radura, dove incrociamo un gruppetto di ragazzi diretti al rifugio e possiamo godere di un primo squarcio di panorama.

Usciti definitivamente dal bosco, il sentiero si fa roccioso, ed un altro torrentello (lo stesso di prima?) ci finisce addirittura tra i piedi, un passaggio di quelli che personalmente mi danno sempre un discreto gusto (almeno, da quando porto un paio di scarponi che tengono l'acqua). La foto con annesso fondoschiena del Brünig vi rende l'idea.


All'arrivo il rifugio è chiuso, e quindi ci adagiamo sui gradini di pietra per consumare i panini. Colonna sonora al nostro pranzo è la dotta lezione che una sciùra dietro di noi tiene ad un suo amico sulle funzioni ed i vantaggi di Skype. L'amico della signora non pare aver afferrato alla perfezione il concetto (il primo quarto d'ora lo impiega a capire che non si sta parlando di TV satellitare), poi finalmente arrivano i risultati. Almeno la pronuncia gli è chiara: si dice "Scàipe". Il più è fatto.

Visto che, fra una cosa e l'altra, abbiamo fatto presto, ho tutto il tempo di schiacciare una minipennica sotto il cielo nuvoloso, e di scattare una bella foto al Passo Barbacan sopra di noi, punto di passaggio del Sentiero Roma (che il buon Roger vi ha già descritto in un post precedente), che dopo l'Omio conclude la sua prima tappa al Rifugio Gianetti.


E poi si scende.

Un'escursione notevole, con un dislivello non banale ma costante e ben distribuito. Ma ben altro ci aspetta...

lunedì 2 giugno 2008

Finalmente di nuovo sopra i 2000 metri!

... per l'esattezza di soli 9 mt... ma ne avevo troppo bisogno!

Buona la scusa con cui convinco la mia dolce metà a fare una camminata... "Dai, dopo tanti giorni di pioggia, questa domenica le previsioni danno bello... una tranquilla passeggiata in Val Taleggio, pochi passi e ci si ferma vicino una baita a raccogliere il 'paruc' (Erba del Buon Enrico in lingua tricolore, una specie di spinaccio selvatico)..." Ma... vuoi che non sapevo che la stagione era un po' avanti, vuoi che poi quando si comincia a camminare non mi fermerei +, la giornata cambia subito i connotati... Il famigerato arbusto non si trova ed in poco aggiro la situazione con il mio solito detto "Dai Ele, è solo un pratone!!!"... In poco raggiungiamo un passo dal nome non molto invitante, e pure la cima da me indicata come facile porta lo stesso toponimo: Baciamorti (NDR: lascio la spiegazione del nome al sempre mitico sito della Val Brembana http://www.valbrembanaweb.it/cai_piazza/annuario/2001/baciamorti/baciamorti.html).
La giornata è magnifica ed al di là del passo rivedo dopo mesi le mie care vette orobiche, tra cui spicca sempre il gruppo Diavolo-Diavolino. La salita dai 1520 mt del Passo ai 2009 mt della vetta è davvero dolce, un manto verde cosparso di tanti bei fiori che alleggeriscono la fatica a tutti e due. Così, poco dopo il mezzogiorno, raggiungiamo la statua della madonna in vetta, il mio fedele altimetro lancia l'allarme dei 2000 mt superati (da quanto non lo sentivo!!!) mentre purtroppo il cielo va coprendosi di nubi e dalla valle sale una fitta nebbia...



Tempo di un ottimo ma non troppo locale pane arabo con pancetta, si prosegue, nella speranza di finire all'asciutto il nostro pranzo. Dall'erbosa cresta ammiriamo i vicini Pizzo Tre Signori, Il Monte Sodadura e lo Zuccone Campelli, mentre dietro la sagoma del Monte Ponteranica, più a nord, si intravedono pure le nevi del Bernina. Ci fermiamo più a valle, in prossimità dei 'menir' che segnavano l'antico confine tra Venezia e Milano e addentiamo un secondo panino, ma il cielo ci costringe a ripartire di nuovo, minaccioso e carico di nubi dense. Finalmente, vicino al Rifugio Gherardi, più a valle, possiamo goderci un po' il sole (mettersi la crema no, eh?... che scottata!) e rivedere tutto il periplo compiuto... eddai, meglio sto giro che neanche starsene tutto il giorno appollaiati a raccoglier cicoria, no? Anche Elena è convinta, e un bello scatto ad una farfalla che si posa su un fiore di tarassaco è la cigliegina sulla torta di una bella giornata lontano dai lavori pre-matrimoniali... E son sempre più convinto che la montagna è la mia medicina!