venerdì 26 ottobre 2007
Metti una domenica d'autunno a 3000 metri...
A voler ben vedere, il giro di oggi è nato tre settimane fa.
Per la precisione, il 30 settembre.
Alle nove e mezza del mattino, a Saas Fee, quando nel parcheggione siderale, alzando lo sguardo, al posto dell’Allalinhorn c’era un nuvolone bello compatto.
Fu così che decidemmo di rinviare la salita al nostro primo 4000, per compierla in una giornata migliore, pensando a metà o fine ottobre; fu così anche che la nostra giornata finì al rifugio di Giorgio all’Alpe Parpinasca con le gambe sotto al tavolo, i bicchieri pieni il giusto e le forchette ben piantate nel ben di dio che Aurora ci aveva preparato, a farci quattro risate di gusto in bella compagnia…
Fatta questa premessa, doverosa per chi quel giorno non era con noi (ed immagino quanto avrà capito dei deliri fascio-stalinisti di Paolo prima e Dario poi…), veniamo al dunque.
Alla fine, anche stavolta il 4000 è saltato, ma Andrea ed io avevamo deciso di fare un bel giro comunque, viste le previsioni meteo ottimistiche. E così, dalla quota preventivata abbiamo deciso di togliere “solo” mille metri.
La meta stabilita è stata il rifugio Mezzalama, alla testata della Val d’Ayas.
Allora, eccoci poco prima delle nove a Saint Jacques coperti non poco per via del “freschino” che ci accoglie; ed eccoci una quarantina di minuti più tardi al Pian di Verra Inferiore, fuori dal primo ripido tratto nel bel bosco di larici con il loro autunnale color giallo-ocra.
La testata della valle ci si mostra ora in tutta la sua maestosità, con il bianco dei ghiacciai che scendono dalle vette del Rosa davanti a noi, si riconoscono i Breithorn, il Roccia Nera, e poi Polluce e Castore. A sinistra abbiamo la bastionata scura della Rocca di Verra, mentre quasi alle nostre spalle, verso sud ovest spicca la sagoma appuntita del Grand Tournalin.
Ci dirigiamo ora verso il Pian di Verra Superiore lungo la strada sterrata un po’ noiosetta, tagliando qua e là, dove possibile, qualche tornante per accorciare il percorso. Ad un certo punto la strada spiana e ci troviamo in un bel valloncello, con il torrente semi-ghiacciato che scorre placidamente a pochi passi da noi.
Siamo ormai in vista delle baite del Piano, quando un cartello ci indica sulla sinistra il sentiero per il rifugio.
Ora il sentiero è di nuovo stretto e ripido, e con una serie di tornanti ci porta sul filo della morena. Dopo una pausa durante la quale scattiamo qualche migliaio di foto (il panorama è selvaggio e meraviglioso, siamo circondati da rocce e ghiaccio dappertutto, con la lingua grigiastra del Ghiacciaio di Verra che termina proprio qua sotto, mentre sulla destra compare un bel laghetto glaciale), riprendiamo a seguire la sottile traccia che risale la morena tenendosene ora sempre sul bordo, con il rifugio a guardarci dall’alto con le sue pareti di legno scuro e le imposte rosse.
Vuoi per la quota, vuoi per il dislivello già nelle gambe, vuoi per la salita che ora è bella in piedi, ma il nostro passo rallenta, mentre altri escursionisti via via ci passano davanti. Gli ultimi centocinquanta metri di dislivello li percorriamo ad andatura turistica (Bicio direbbe a passo Len.In., che non c'entra nulla con la politica, ma che sta per “LENto ed INesorabile”), fino ad arrivare al rifugio.
La porta d’ingresso ed una finestra sono aperte, ed è una fortuna (o così sembra), perché qua fuori non è che ci sia esattamente una temperatura tropicale…
Entriamo, e si congela!!! Mooolto peggio che fuori!
Nella penombra della sala incontriamo un paio di ragazzi che ci avevano sorpassato prima, loro hanno ormai finito i loro panini e stanno per uscire per non restare ibernati… io frugo nella credenza alla ricerca di pentolame e di un fornelletto a gas, poi tiro fuori dallo zaino una bella busta di pizzoccheri… qualcosa di caldo ci vuole! E poi, bisogna pur festeggiare il battesimo dei 3000 metri di Andrea… Proviamo ad offrire una porzione di pizzoccheri ai due, che però sono decisi a proseguire verso il rifugio delle Guide d’Ayas, che domina il Mezzalama dall’alto dello sperone roccioso cui è attaccato.
Dopo aver salutato i due ci dedichiamo al pranzo, dopodiché usciamo a scattare qualche foto al meraviglioso panorama, che ora è anche illuminato dal sole pieno. Nel mentre, si sente un boato provenire dal vicino ghiacciaio, ed una nuvola bianca compare lì dove un seracco è appena crollato… impressionante, come impressionante è lo stato dei ghiacciai… vedere di quanti metri s’innalza la morena rispetto al livello attuale della lingua di ghiaccio, e rendersi conto che lì dove abbiamo posato i piedi una volta – e neanche troppo tempo fa – era tutto ghiaccio, in effetti fa riflettere…
Come sempre, la voglia di andarsene da un altro posto fantastico rasenta lo zero, ma tocca…
La discesa si svolgerà in tutta tranquillità e lentezza e chiacchierando piacevolmente, per poterci ancora riempire gli occhi di tanto splendore, d’altra parte non c’è nessuna fretta.
All’imbrunire siamo di nuovo a Saint Jacques per una birra, e ritroviamo i due ragazzi di ritorno dal Guide, che per un centinaio di metri non hanno raggiunto; ci chiedono se sappiamo quanti gradi c’erano su al Mezzalama, loro lo sanno: diciotto sottozero…
Lo dicevo io, che non era caldissimo… ma in fondo ad una giornata così, del freddo non me ne pò fregà de meno!!!
venerdì 19 ottobre 2007
Quando la montagna non ti vuole...
Un’altra volta.
Non ci credo, m’hai fregato un’altra volta…
Passi per le piovose estati orobiche, quando piove ognuno si fa i fatti propri, si sa.
Passi per quando dovevo venirti a trovare con Bicio, per te avevo provato anche a prendere delle ferie fuori stagione, ma il capo non me l’aveva permesso.
Ma stavolta ogni tassello sembrava incastrarsi là dove serviva, e pensavo che sarei finalmente riuscito ad averti tutta per me.
O, se non proprio tutta, mi bastava almeno averti.
Stavolta avevo studiato il tuo carattere, sapevo che sulle prime ti saresti timidamente nascosta, perché in fondo penso tu sia timida, è per questo che tanti ti cercano.
Però sapevo anche che se non mi fossi dato per vinto, prima o poi avresti scostato dolcemente le tendine dietro cui ti eri rifugiata, e ti saresti alla fine decisa ad accogliermi, forse avresti anche indossato il vestito buono, per me.
Certo ti saresti fatta desiderare, ma ero pronto a dar fondo alle mie risorse, pur di averti… dicono che una conquista abbia un sapore più dolce e valga di più, se costa fatica. Si vede che la mia fatica non era abbastanza, per te.
Ho provato a scavalcare le nuvole, per poterti conoscere… vuol dire che dovrò fare ancora di più.
Ma c’è una cosa che voglio tu sappia.
Non finisce qui.
Non fare quella faccia, adesso, non è una minaccia la mia, è una promessa, a te ma soprattutto a me stesso. Sappi che non ce l’ho con te, anzi.
Penserai che io sia deluso, tutt’altro. Sono felice di averti anche solo intravista, ti sono grato per avermi lasciato accarezzare i tuoi fianchi sinuosi, per avermi degnato anche di un solo, lontano sguardo dall’alto della tua indifferenza, e di avermi dato modo di ammirare un piccolo pezzettino del mondo meraviglioso che ti circonda…
E so anche che un giorno sarai tu a cedere, è solo questione di tempo e di portar pazienza. Non sei cattiva, lo so, è che forse anche tu hai bisogno di conoscermi un po’ meglio…
Per ora, farò finta di non aver camminato per ore in mezzo alla nebbia, di non aver risalito quasi senza vederlo un paradiso che chiamano valle d’inferno, di non essermi seduto a riposare sulla soglia di baite strane con un masso per tetto, di non aver visto gente regalarti la sua colazione, per poi cercare di oltrepassare il limite ed infine arrendersi quando proprio non ce n’era più…
Farò finta di niente, perché almeno stavolta ho potuto godere dell’eleganza del tuo profilo, mi hai svelato qualcuno dei tuoi segreti, e son sicuro tu sia stata sincera.
Sono qui ora, e per un po’ ti lascerò in pace, ci sono tanti altri posti da vedere e cose belle da fare.
Ti lascio stare per un po’, però porto via con me il ricordo delle mille calde sfumature di colore del tuo vestito d’autunno, del blu del tuo cielo e della meraviglia di una coperta grigia di nuvole a nascondere il grigio più smorto della quotidianità.
Anche stavolta m’hai fregato, ma non la prendo come uno sgarbo. Una burla, tutt’al più.
Tanto, prima o poi tornerò ad importunarti, tranquilla…
Solo una cosa mi chiedo: sei una splendida montagna, e per me sei come una bellissima donna. Come mai allora ti hanno dato un nome maschile: Pizzo dei Tre Signori?!?
lunedì 15 ottobre 2007
E' passato solo un mese...
7 settembre 2007
Mi trovo sulle Dolomiti. E’ il terzo di quattro giorni di trek presso le Tre Cime di Lavaredo, con Fabrizio e gli amici di Zaino In Spalla (che ho descritto ampiamente in un post precedente).
La tappa di oggi prevede un lungo sentiero ad anello, prima in discesa dal Rifugio Locatelli, nostro “campo-base”, fino in Val Fiscalina e ritorno.
Lungo il giro, ci accompagna la vista delle torri dolomitiche e, tra le altre, Cima Una.
Ore 9 del mattino. Un costone di roccia di
A me resta una sensazione difficile da definire, perché realizzo che solo un mese fa era tutto diverso, e mi chiedo quale combinazione (io la definisco così, ognuno ci metta il termine che riterrà più opportuno) ha voluto concedermi la fortuna di vedere le Dolomiti ancora intatte.
Viene voglia di tornarci, per poter “toccare con mano” la differenza, e prima o poi lo farò.
Ma dovrò prima abituarmi all’idea, perchè è pazzesco pensare che un cambiamento così radicale possa avvenire così di botto.
Viene naturale voler ricondurre questi fatti al dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente. Certo, uno pensa: “Come facevi a fermare 60 mila metri cubi di roccia? Con le mani?”
Ovviamente no.
Ma un buon inizio sarebbe recuperare quel rispetto per le montagne che si va perdendo, fin dalle cose più banali.
Perché se riesci a non buttare una cartina (per esempio) di caramella lungo il sentiero, allora forse riesci anche a non buttare una bottiglietta di plastica. E a non buttare un sacchetto. E a lasciare i fiori dove stanno. E a non disturbare gli animali. E a non dar loro la caccia. E a non accendere fuochi.
E così via, e così via…
Vale la pena pensarci.
sabato 13 ottobre 2007
non sarà tempo perso...
l'ha spedita Diego... anche Bruno l'ha spedita ai nostri amici...
la posto qui sotto per tutti...
" Ad una cena di beneficenza per una scuola che cura bambini con
un abbraccio...
andrea
p.s. Grazie a chiunque abbia fatto partire questo bellissimo messaggio...
lunedì 8 ottobre 2007
Allalinhorn: con la voce del popolo tuona la verità!
Quale altro nome potremo mai dare a questi campioni, degni figli della patria proletaria i quali, fedeli alla linea dei Grandi Maestri, hanno osato voler piegare la vetta dell'Allalinhorn?
A lungo hanno provato, ed ancora proveranno, le voci minoritarie e mensceviche o (peggio ancora!) nere e reazionarie, a distorcere la verità, a gettare un'ombra malvagia su ciò che definitivamente accadde.
Ma la voce del popolo, che mai si può fermare, tuona a rossi caratteri cubitali i nomi degli eroi, e possa il fuoco delle acciaierie del Soviet scolpirli nelle vostre menti, o giovani bugik che qui leggerete...
Tutto era iniziato sotto i migliori auspici: con l'appoggio tecnico-logistico dei compagni del Collettivo "Primo Maggio" (e gli auspici dei ragazzi del Presidium, tra un giro di vodka e l'altro), la spedizione partiva verso le vette svizzere da una Piazza Rossa gremita, dove il popolo lavoratore spontaneamente riunito la salutava in festa:
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEA6fW0gYq-ElIMOEK2cwHB1CvUDA8yd7aJQxuIvU0P8UW44wMTtXgQ0NXcucahFp3PYi1rHfYWp4-Hq8zSfxJWv7f7fGeIJ-S4vEYydEl0WudhyphenhyphenXSOhvgLPWtWsZx56Pe8DB_ORJ45SCy/s400/Utopia_klinch.jpg)
Ma già nubi maligne, non a caso nere, si addensavano nel cielo, facendo presagire tempo avverso. E non era tutto: un membro della spedizione veniva bloccato sulle Strade a Grande Scorrimento, senza possibilità di uscita.
Un'oscuro disegno reazionario? Un bieco trucco di quell'opposizione atlantica che tutti ben conosciamo? Quasi certamente.
Ma non si tratta che di un minuscolo granello nel roboante meccanismo di quella Gioiosa Macchina Da Guerra, che ormai da più un secolo nessuno ha saputo fermare.
Alfine il gruppo si componeva e, inesorabile come un Piano Quinquennale, volgeva alla volta del punto d'incontro con la guida, onde partire...
Il sole, conscio dell'altissimo valore storico e del contributo alla rivoluzione proletaria propri di quest'alta impresa, faceva capolino lungo le strade d'oltre confine. Ma gli agguati squadristi non erano ancora terminati.
Giunti al campo-base... La beffa delle beffe: Il sole splende. Tutte le cime sono baciate dal cielo limpido.
Meno la loro, ancora e sempre coperta dalle nubi. E i nostri sono costretti a deporre le pacifiche armi proprie di quell'Armata Rossa delle montagne che ormai sono diventati nei cuori di tutti noi.
Molto ha potuto il comunque meritato ristoro che li ha accolti lungo la via del ritorno, ma l'animo era inquieto: poteva dunque un semplice rovescio del tempo fermarli? Dovevano dunque arrendersi?
Mai. Il destino, per quanto avverso, non li ha vinti: già si odono gli echi dei ramponi e delle corde lasciati improvvidamente a riposo... Presto o tardi, la cima sarà conquistata, il popolo proletario la reclama!
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lunedì 1 ottobre 2007
Addì 30 Settembre 1927, la gloriosa conquista dell'Allalinhorn!
L'importantissima e segreta missione iniziò con ritrovo nel cuore della notte alla periferia della città di Milano dove, muniti di autoveicoli di chiara marca italica ci riunimmo in gran segreto e ci apprestammo a iniziare il viaggio verso la frontiera elvetica.
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Scampato il tranello nemico, ci immettemmo sulla regia strada dei laghi in direzione Val D'Ossola stemperando l'attesa con canti scollacciati e volgari!
Il nost
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per tranne in inganno il nemico e farsi testè beffe di lui, si raccomandò di farsi chiamare Kunig, ci spiegò in gran segreto che, in quel di Val D'Ossola, avremmo dovuto incontrare la nostra guida, nome in codice Giorgioh, che avrebbe dovuto farci lumi nella via alpinistica che porta all'Allalinhorn. Il tutto sarebbe dovuto avvenire con fulminea prontezza e nervi d'acciao. Battendo prontamente il nemico sul tempo e lasciando la spedizione avversaria svizzera con un pugno di mosche!
Le nostre possenti vetture italiche ci portarono all'appuntamento spaccando il minuto di netto in due. Imbarcammo senza esitazione la nostra guida Giorgioh e
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Finalmente giunti nel paese di "Saas Fee" che venne prontamente ribattezzato in "Sasso Littorio" scalpitando già nell'azione ci approntammo ad affrontare la missione ma, proprio durante i preparativi, venimmo intercettati da donne con fare lascivo al di fuori di locali equivoci che vendevano a modica cifra le loro virtù contanto poi di truffare col cambio sul franco! Non volendo a nessun costo far rese alla nostra virilità stavamo quasi cadendo nel tranello quando prontamente intervenne Kunig al grido di "DAS NIE SEIN EIN TETTA!"
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l'"ALT" della nostra guida Giorgioh!
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Nubi dense e ostili infatti stazionavano malignamente sulla vetta da raggiungere facendo proferire alla nostra guida parole di sconforto e abbandono.
"ME NE FREGO!" disse e alle sue parole d'acciaio il gruppo lo seguì nell'entusiasmo, canzonando bonariamente le parole codarde del Giorgioh!
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