venerdì 13 luglio 2007

Ritorno in Alta Val Brembana

Domenica 8 luglio 2007

Tornare il sabato sera a mezzanotte da Milano con una (una…?) sana birretta e stuzzichini leggeri in corpo, è condizione ideale per affrontare una camminata di più di otto ore in montagna… Soprattutto quando la sveglia è puntata alle 5!
A parte questo, una giornata magnifica saluta me e Daniele a Carona (alta Val Brembana) alle ore 6.30 di domenica 8 luglio: l’aria frescolina ed il canto degli uccelli fanno presto dimenticare le poche ore di sonno. Il nostro programma è abbastanza ambizioso (3 cime in giornata, la più alta sopra i 2.700, partendo da quota 1.100 mt), ma la voglia di montagna da saziare è davvero tanta!
Alle ore 8 abbiamo già raggiunto il rif. F.lli Longo (2.026 mt) non ancora illuminato dal sole che resta nascosto oltre il Passo della Selletta; preferiamo però salire sino alla diga del Lago Diavolo, poco più sopra, per effettuare la prima sosta: solo un sorso di bevanda isotonica ed un pezzo di cioccolato, e subito ripartiamo per il Passo Cigola (2.486 mt).
Gli ultimi metri di salita sono scanditi dal lamento di alcuni giovani stambecchi, che però non riusciamo ad avvistare sulle rocce delle creste soprastanti.
Dalla sella, la vista è di quelle da cartolina: sotto di noi la Val d’Ambria che declina verso la Valtellina e sullo sfondo i massicci del Disgrazia e del gruppo del Bernina.
Il tempo tiene, tanto che voci di alcuni escursionisti che ci giungono dal vicino fianco del Pizzo Cigola ci spingono a pensare ad un’ulteriore vetta… Ma prima raggiungiamo quella più alta, l’Aga (2.720 mt), che ci accoglie, assieme ad una bella famigliola di stambecchi, poco dopo le 9.30.
L’emozione che offre questa cima (che raggiungo per la 6 volta!) è sempre tanta, soprattutto perché lì, a poca distanza, c’è lui, il mitico Diavolo di Tenda, la vetta più alta della Val Brembana con i suoi 2.916 mt. e la sua inconfondibile forma piramidale, copiata a regola d’arte dal fratello minore Diavolino (2.810 mt), sotto cui ben in vista c'è il Passo di Valsecca, crocevia tra rif. Calvi e Brunone, ed alla sua destra lo svettante Pizzo Poris. Lo sguardo va subito un po' più oltre a scorgere il "trittico" dei tremila orobici, dallo Scais al Redorta, mentre il Coca è nascosto poco dietro. Tutto fantastico, anche uno stambecco adulto che si mette in posa, stagliandosi sullo sfondo del Lago Diavolo, a picco sotto la cima: foto eccezionale!
Non restiamo molto in vetta, anche perché alcune nuvole dense si ammassano a sud oltre la conca del rif. Calvi, a ridosso del Passo Portula; decidiamo perciò, dopo un panino trangugiato alla svelta, di proseguire. Ritorniamo sui nostri passi fino alla diga del Lago Diavolo (abbiamo intanto scartato l’ipotesi di salire anche al pizzo Cigola, mai tentato e ci sembra pure un po’ ostico), dalla quale però ci allontaniamo in direzione nord-ovest per raggiungere il Passo di Venina. La salita richiede ancora un po’ di sforzo (300 mt di dislivello), ma la pendenza ed il terreno sono dolci (bel “pratone” esposto al sole: NDR: Bru, ti ricorda niente il termine pratone??? ;o) e siamo confortati dal fatto che le nuvole rimangono lontane (il mio bel nasone assomiglia così sempre più a quello della renna di babbo Natale, tanto è arrossato!).
Raggiunto il valico verso mezzogiorno, riecco la vista sul Bernina, e sotto di noi l’imponente diga del Lago di Val Venina. Adesso siamo un po’ stanchi, ma la vetta dei Monti Masoni (2.668 mt) è poco distante, e decidiamo di raggiungerla con una facile camminata in cresta prima di azzannare un altro panino.
Stranamente, la cima dei Masoni (montagna poco nota e forse non d'attrazione per ‘il grande pubblico’) è affollata, ed è qui che si “materializza” l’incontro con il “personaggio della domenica”!
Intento a decantare le proprie imprese alpinistiche (magari sono vere, non voglio denigrare) ad una setta di malcapitati adepti, un uomo sulla quarantina che scopriamo provenire dalla media Val Seriana. Quello che mi fa usare un tono sarcastico, è il suo tono… quell’attimino da spaccone da festa di paese (soprattutto quando se ne esce con strafalcioni sulla disavventura di un poveretto che solo una settimana prima è morto sul Diavolo di Tenda…): passi, se non che il mio socio Daniele, ammirato dal personaggio, non decida di abortire il panino per ritirarsi alla svelta nella sottostante Val Sambuzza!
E’ proprio in questo istante che arriva il mio lampo di genio: domandare al nostro amico la via migliore per la discesa (dico io: se è un alpinista, questo pezzo l’avrà pur fatto!).
Da vecchi soci, il personaggio, poggiandomi una mano sulla spalla, mi dice che per concatenare la vetta del Pizzo Zerna (che era la nostra terza vetta programmata per la giornata), bisogna affrontare alcuni tratti alpinistici di probabile 2° grado (guardando sotto di noi, penso che non sia poi del tutto avventata tale tesi), cosa che lui ha già fatto in passato attrezzando alcuni passaggi con fettucce (???) e corde quadruple (???)… Altrimenti si può optare per una discesa “ad occhi chiusi” (così l’ha definita lui, ovviamente in un colorito dialetto bergamasco) per una canale diretto sulla Val Sambuzza… "VA BENE! "esclama sogghignando, dietro di me, Daniele, e lasciamo così a malincuore l’allegra brigata in vetta.
Dopo pochi metri sulla linea dello spartiacque, vediamo il famoso canalino: Daniele è restio alla discesa abbastanza verticale, ma io sono il solito matto (lui mi chiama simpaticamente, in montagna, “l’uomo alternativa”, per la facilità con cui mi invento nuove vie!): senza nemmeno pensarci mi butto sul ghiaione, e con stile da vero Alberto Tomba mi abbasso in pochi istanti di un centinaio di metri di dislivello. Non siamo nuovi a queste trovate, anzi, sono l’aspetto divertente delle nostre uscite! Anche perché, appena superato un primo tratto più difficile tra roccia viva e sfasciumi, ecco un lembo di neve dove scatenare un po’ di pazzia! Raggiungiamo così in pochi minuti i pascoli sottostanti e i bei laghetti naturali a metà della valle (guadando pure qualche fiume e palude, facendo inoltre l’incontro gradito e piuttosto ravvicinato con un camoscio!), dove finalmente estraiamo dallo zaino e consumiamo il meritato pranzo.
Sono le 13.20: abbiamo camminato per più di 6 ore e mezza, con solo 20 minuti totali di soste! Dopo pranzo, ancora una buona ora di discesa nell’incantevole Val Sambuzza, tra il verde dei larici e sullo sfondo la caratteristica sagoma del Pizzo del Becco, ed eccoci alla macchina… senza nessuno uso di corde quadruple!!! Davvero una bella “scorpacciata” di montagna dopo un periodo di astinenza!

2 commenti:

Brünig ha detto...

Dovrebbe ricordarmi qualcosa, il termine "pratone"?!?
Mah, bisognerebbe chiedere ad Andrea... ;-)))

A presto!

andrea ha detto...

Pratone??? una passeggiata!!!
una di quelle da rifare...
ecco, magari partiamo al mattino la prossima volta :-)