lunedì 24 agosto 2009

2.000... 2.500... 3.000 (quasi)!

Ovvero come “acclimatarsi” sulle Orobie!

In montagna si sa, non si deve parlare solo di quota per indicare le difficoltà di un escursione, ma la mia estate “montana” è stata proprio una scala d’altitudini raggiunte e anche di impegno profuso. I 2.000 mt (2.019 per l’esattezza!) son sempre quelli del mitico Alben, la montagna di casa, salita un paio di volte soltanto, ma sempre stupendo... quest’anno poi, merito le abbondanti nevicate e piogge, sfavillante di un verde mai visto, è ancora più magico. La prima salita alle due croci (Scabla e Cima di Oltre il Colle) da Zambla Alta avviene una sera di fine luglio in compagnia del buon Marco “Vala”, già mio alleato in alcune escursioni dell’estate 2008. Stile leggero (scarpette, marsupio con borraccia, racchette ed abbigliamento da corsa... schegge!!!), un buon passo, ci hanno permesso di goderci le ultime ore di un giorno sereno e limpido, ideale per spingere lo sguardo verso le vette retiche e delle più vicine orobie. La seconda salita è invece dell’11 agosto in compagnia di Marco T., Stefano F. e Lara C. Anche in questo caso con equipaggiamento minimal, saliamo da Cornalba alla vetta in poco più di 1 ora e 40 minuti e torniamo in orario per il pranzo. Una nuova serena e limpida mattinata di questa benevola estate 2009. I 2.000 metri o giù di lì sono anche quelli del rifugio Curò e al Barbellino naturale, ai quali sono salito martedì 4 agosto con il Vala e Daniele, e dove ci hanno poi fatto compagnia Andrea, Stefano. Roberto P. e papà, Sara e Daniela C. con cugini e zii/zie. Inutile dirlo, altra giornata di sole e... fantastici taglieri di salumi e formaggi al rifugio Curò, giochi d’acqua nel torrente della Val Cerviera,... Da segnalare la gran quantità di neve ancora presente in più punti lungo la carrozzabile che collega i due rifugi e gli... icebergs in galleggiamento sul laghetto naturale del Barbellino. Il giorno 12 agosto si sale invece di... livello, ci attende infatti la vetta del Tre Signori, una tra le più famose delle Orobie bergamasche e di riferimento in quelle del versante occidentale. Con me ci sono ancora una volta Stefano, Andrea, Roby con papà e “Tone”, amico di Andrea e grande alpinista. Si decide per la salita da Ceresola di Valtorta (1.300 mt circa), anziché dalla più frequentata da Ornica, da me preferita anche a motivo della presenza di un rifugio sul tragitto (Grassi) e della bellezza della “Via del caminetto”, tratto finale verso la cima, nonostante si allunghi di non poco l’avvicinamento alla meta stessa. Il primo ostacolo è il Passo del Toro, posto a 1.945 mt ed a metà strada tra partenza ed il rifugio: a me questo posto mette ancora un po’ i brividi… l’ultima volta che passai di qui risale al 2005, quando con mio fratello don Pietro mi vidi assediato dalla violenza della natura in una delle mie più brutte esperienze in montagna... un temporale che ci costrinse a rotolare giù a saltoni per quasi 500 mt di dislivello sotto una fitta grandinata e, appunto, tuoni e fulmini ravvicinati! Stavolta tutto tranquillo, si può proseguire sul pianeggiante tracciato che, con bella vista sulla vetta del giorno, ci porta al rifugio. Roby è però un po’affaticato: il padre ed Andrea non si sentono di lasciarlo da solo (e qui il mio elogio al buon Andrea che per il suo sempre encomiabile altruismo rinuncia alla vetta… GRANDE!). Si decide allora, io, Stefano e Tone, di portarci un po’ sotto la vetta e vedere poi se i nostri tre amici se la sentono di raggiungerci. A differenza degli altri giorni. c’è qualche nuvola in più, soprattutto in Val Brembana... capita così che si accelera “involontariamente” il passo. Sul tratto più ripido, io e Stefano ci fronteggiamo in una semi corsa, mentre Tone poco più in basso quasi ci maledice. Raggiunto il caminetto, il divertimento aumenta ed in men che non si dica siamo in cima, dove una folla da spiaggia ci attende... sembra di essere a Rimini! La dedica della salita è per il nostro buon “vecchio” Bruno, che prima o poi accompagnerò finalmente sui 2.554 mt di questa bella montagna! Tone intanto arriva e subito torna sui suoi passi per verificare se i nostri compagni stanno salendo... niente all’orizzonte, dopo qualche istante ancora in vetta, si ridiscende. E’ qui che capisco ancora una volta di più la differenza tra un escursionista (come me) ed un alpinista: Tone scende quasi mani in tasca in piedi sulle rocce, mentre io e Stefano ci esprimiamo nel nostro migliore stile “a cagnù”, accovacciati e mani a terra nei punti un pò’ più delicati. Troviamo ad attenderci al rifugio, oltre al trio di amici, fresche birre e piatti di favolose torte, che diligentemente ripuliamo! Il rientro è allietato da uno stambecco vanitoso che al Passo del Toro ci richiede un intero servizio fotografico... che star! …soprattutto quando ci mostra come ci si muove sui dirupi in completa scioltezza. La vetta prescelta come “top” per queste vacanze è però il Monte Gleno, ottava cima delle Orobie con i suoi 2.883 mt. Decidiamo di attaccarla martedì 18 agosto, e l’orario della partenza è di quelli sani: ore 5.30 fuori casa mia. Siamo io, Daniele e Stefano, che dopo le infinite curve in macchina tra Val del Riso e Seriana, alle 6.40 circa, iniziamo la salita al rifugio Curò dal paese di Valbondione. Ore 8.00, grazie all’utilizzo delle scarpette da trekking leggero, siamo già alla prima tappa... che giornate spettacolari quest’estate, tutte le vette sgombre da nubi (e lo saranno per tutto il giorno!), aria fina e via a raggiungere l’attacco del sentiero per la nostra meta. Calzati gli scarponi, ci inerpichiamo su per le balze che ci porteranno alla vedretta del Trobio, piccolo ghiacciaio/nevaio a sud-ovest del Gleno. Da qui in poi il paesaggio sembra di ben più alte quote, con alternanza di nevi, ghiacci, rocce, torrentelli, timide fioriture... Gli scatti si sprecano e senza troppa fatica siamo sotto il tratto terminale. Secondo me e Daniele l’uso dei ramponi potrebbe essere evitato, un tratto di sfasciumi a sinistra del ghiacciaio sembrerebbe essere l’alternativa, ma optiamo per seguire tre escursionisti che ci precedono sulle nevi ed indossiamo così la nostra “ferraglia” (con non poche difficoltà da parte di Stefano). Senza forzare troppo l’andatura, siamo alle calcagna dei nostri apripista, che affianchiamo sul tratto un po’ più delicato prima della sella tra Glenino e Gleno, a destra. Tolti i ramponi, gli ultimi metri si affrontano sulla mai buona roccia tipica della zona, che spesso si sgretola spiacevolmente sotto mani e piedi. Un po’ di attenzione ed eccoci sulla stretta cima alle 11.00 circa, dove scattiamo alcune foto, ma che abbandoniamo presto per far spazio a chi arriva dopo di noi. Che vista: Tre Confini e Recastello li alla portata, appena più dietro il Diavolo di Tenda, più a destra si susseguono Redorta, Coca, Diavolo di Malgina, Cime di Caronella e Torena, con alle spalle il gruppo del Bemina. Sotto di noi ed il vicino Pizzo Strinato, il lungo e stretto lago di Belviso e sullo sfondo l’inconfondibile sagoma dell’Adamello, poi le vette scalvine e, seguendo la valle del Gleno, si scorgono appena i resti della tristemente famosa diga, con all’orizzonte la mole della Presolana. Durante la salita eravamo indecisi se concatenare o meno, sulla via del ritorno, la vetta del Tre Confini, percorrendo la cresta tra le due cime (opzione che altri due escursionisti ci avevano caldeggiato durante una fase della salita): ma, vuoi la non conoscenza della stessa, vuoi la perduta confidenza con le creste medesime e come ci si muove su di esse, ci convinciamo a tornare sui nostri passi. Ovviamente siamo già più che contenti di quanto fatto, 2.000 mt di dislivello in salita ed in discesa nella stessa giornata non sono proprio roba per tutti! Eppoi son già tante, troppe le disgrazie in montagna di questa stagione estiva, non vogliamo certo allungare la lista: il primo e più importante traguardo per chi ama la montagna deve sempre essere quello di riportare a casa la pellaccia! Ad attenderci al rifugio Curò c’è poi un ottimo pranzo, quindi perché indugiare? Certo, ovvio: per farsi riempire come sempre da quest’immensità, dalla voglia di perdersi in un paradiso a poca distanza da casa...

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