mercoledì 4 luglio 2007

Il mio battesimo del ghiaccio

Traversata del Ghiacciaio del Monte Bianco: 30/06 - 01/07/2007

Vi confesserò: l'idea di andare per ghiacciai non mi aveva mai, finora, clamorosamente entusiasmato. A farmi cambiare idea è stata l'occasione di questa traversata, al cospetto del gigante d'Europa e dei suoi "fratelli", che il buon Fabrizio di Zainoinspalla mi ha consigliato come perfetta per principianti. La prospettiva era troppo bella per essere ignorata, ed eccomi quindi partire da Milano ed arrivare puntuale all’appuntamento a Courmayeur con le guide, Filippo e Giovanni. E subito dopo le presentazioni inizia la parte interessante: da neofita totale dei ghiacciai, faccio conoscenza con ramponi, imbrago e piccozza.
Esaurite le operazioni preliminari, prendiamo i tre tronconi di funivia che ci portano ai 3375 mt. Del Rifugio Torino. Per ora non sento ancora il salto d’altitudine, già non indifferente. Ci sarà tempo…
Usciamo dalla funivia, e siamo già in mezzo alla neve. Già le foto si sprecano (alla fine ne avrò scattate una settantina, e rispetto ad altri saranno poche!), ma Giovanni e Filippo ci richiamano all’ordine per formare le cordate e partire sotto un sole splendido.
Dopo pochi minuti, ci portiamo in cima al Col Flambeau, da cui si domina la Vallée Blanche. Sopra di noi corre la funivia che arriva fino a Chamonix, passando per il famoso “pilone sospeso”. Intorno a noi… Uno spettacolo pazzesco. Giovanni si prende tutto il doveroso tempo necessario per illustrarci le cime che ci dominano, a cominciare dal massiccio composto, nell’ordine, da cima del Bianco, Mont Maudit, il Grand e il Petit Capucin e il Mont Blanc du Tacul. Ancora poco visibile è il Tour Ronde, ma per ora PROBABILMENTE possiamo accontentarci (probabilmente, eh?).
Iniziamo la discesa verso il fondo della Vallée Blanche, da cui poi dovremo risalire per arrivare al Refuge des Cosmiques, e inizia la lunga sequenza di incontri che faremo lungo tutta la strada. Uno in particolare mi resta impresso: un signore francese si rivolge a Giovanni (a capo della mia cordata), e gli chiede: “Traversate verso l’Aguille du Midi?” “Sì.” “Ah, oui… C’est magique!”.
Continuando la discesa, intravediamo nuove cime (ma quante sono?): Les Drus, L’Aguille Verte, Les Droites, e una delle cime più famose del massiccio, il mitico Dente Del Gigante; ma soprattutto, in lontananza, scorgiamo l’Aguille Du Midi e, di fianco, decisamente più in alto rispetto a noi, un puntolino blu: il rifugio! Ci vorrà ancora tempo prima di arrivarci, e una discreta salita. A proposito di salita: arrivati sul fondo della valle, e quindi al punto più basso della traversata, prima di iniziare l’ascesa al rifugio ad un mio compagno di cordata dotato di altimetro viene giustamente l’idea di controllare l’altitudine: siamo a 3101 metri. Calcolando che il rifugio è a 3618 metri, fa un dislivello massimo di 517, tutti davanti a noi.
Proseguendo, costeggiamo alla nostra sinistra un pendio dove la neve è particolarmente smossa. È fin troppo evidente che siamo di fronte ad un seracco fresco, che dev’essersi staccato dal monte davvero da poco, scendendo lungo tutto il pendio fino a valle.
Non abbiamo finito di contemplare lo spettacolo, che sentiamo intorno dei rombi impressionanti. I più lesti tra noi afferrano la situazione al volo: “Da qualche parte sta staccando!”. Ed infatti, non ci mettiamo molto a scorgere in lontananza, decisamente più in alto lungo il pendio del massiccio, lo spettacolo impressionante dei seracchi e delle nuvole di neve “in tempo reale”.
Poco dopo si smette di parlare: è iniziata la salita vera, e il fiato lo si risparmia per arrivare in cima. Ora l’attenzione è rivolta alle distanze in cordata, ed alla necessità di non perdere il passo per non costringere il proprio compagno a tirarci. Adesso l’altitudine comincia a farsi sentire, e saranno necessarie un paio di soste strategiche prima arrivare al rifugio nel pomeriggio.
Il rifugio “Des Cosmiques” recentemente rifatto, è davvero bello e confortevole, e dispone di una terrazza da cui si può dominare tutta la vallata che scende fino a Chamonix.
Mente aspettiamo la cena (con discreta impazienza: la fame è tanta!), Giovanni e Filippo ci spiegano che domani mattina saremo probabilmente gli ultimi a lasciare il rifugio, e di gran lunga: qui, infatti, la colazione viene servita in ben quattro turni, tra l’una e sette del mattino, per dare il tempo al grosso degli occupanti di uscire prestissimo ed affrontare le 7-8 ore di salita verso la cima del Mont Blanc du Tacul. E ci avvisano di non stupirci quindi se, nella notte, sentiremo il macello di quelli che scendono dalle camerate per andare in sala da pranzo.
Dopo cena la palpebra cala presto: tra le 21:30 e le 22:00 siamo tutti a letto. Per me non è una notte facile: completamente nuovo come sono a simili quote, mi sveglio spesso in preda al mal di testa, che mi accompagna anche a colazione. Sono circa le 7:00, e dalle finestre del rifugio vediamo molti alpinisti scendere dal Tacul con largo anticipo rispetto al previsto. I primissimi arrivano mentre stiamo ancora facendo colazione. Ci spiegano di aver dovuto rinunciare alla vetta, perché il vento ed i nuvoloni in cielo hanno coperto tutto di nebbia, rendendo impossibile trovare la traccia giusta e, quindi, proseguire senza correre rischi. Peccato.
Anche noi siamo costretti dal tempo instabile a cambiare percorso. Invece che inoltrarci un po’ più in là, in direzione dell’Aguille Du Midi, torneremo indietro verso il Rifugio Torino, per evitare di essere sorpresi dal cattivo tempo.
Uscendo dal rifugio, notiamo che le nuvole stanno concendendo una tregua, e la vista è meravigliosa (ed infatti resterà sul desktop del mio computer MOLTO a lungo!). Dopo un primo tratto di camminata il tempo sembra tenere, e le nostre guide decidono che una deviazione su un percorso nuovo ce la meritiamo comunque: deviamo verso le pendici del Grand Capucin, sotto cui passiamo prima di puntare definitivamente verso il Torino.
Per l’ascesa finale al Col Flambeau ci dividiamo. La cordata di Giovanni sceglie un percorso un po’ più lungo, ma più dolce, mentre quella di Filippo affronta il colle in modo più breve e diretto. Arrivati al Colle, ed ormai in vista del Rifugio Torino, scopriamo di aver calcolato i tempi nel modo giusto: le nuvole sono ormai definitivamente calate, e le cime di fronte a noi sono totalmente invisibili.
Abbiamo tutto il tempo di arrivare al rifugio e scendere in funivia a Courmayeur per un panino e una birra e per salutarci prima del rientro a Milano.
L’ultimo pensiero che mi torna in mente è per le parole di quel signore francese, riguardo alla traversata che sabato ancora ci aspettava. Come aveva detto?

“C’est magique!”

Sì.

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