mercoledì 11 luglio 2007

A zonzo per l'Alta Valsesia

Giovedì 5 luglio 2007
Giovedì mattina. E’ il mio turno di riposo infrasettimanale, al GS ci vadano pure gli altri.
Da un po’ di tempo avevo intenzione di fare un giro per monti da solo, così, tanto per vedere l’effetto che fa.
E per l’occasione decido di andare a trovare il Monte Rosa o, meglio, la sua parete sud, affacciata sull’alta Valsesia. Per il giro di oggi avevo in mente una serie di destinazioni diverse ma non una meta precisa. Avevo deciso di stabilire la meta una volta arrivato ad Alagna. E così ho fatto.
Siccome non è prestissimo, lascio perdere il vallone d’Olen, e mi dirigo verso le ultime frazioni di Alagna, dove partono i sentieri per il Colle del Turlo ed il rifugio Barba Ferrero. Incamminandomi lungo la strada asfaltata che costeggia la miniera, penso che non mi spiacerebbe arrivare fino al Colle, ma so che è parecchio lunga, ed inoltre, verso il Rosa, il tempo non è dei migliori. Intanto, finito grazie a Dio l’asfalto, un bel sentiero risale ripidamente il fianco della montagna di fronte alla suggestiva cascata dell’Acqua Bianca e mi porta in breve all’Alpe Pile, un bel pianoro con vista sui ghiacciai del Rosa (che finalmente s’intravedono, anche se fra una nuvola e l’altra), dove si trova il rifugio Pastore. Piccola sosta, e si riparte lungo il sentiero diretto al Colle.
Sono in perfetta solitudine in mezzo ad un bel bosco di larici ed abeti rossi, e mi sento da dio. Il sentiero sale dolcemente, la luce del sole che salta fuori dalle nuvole crea giochi di chiaroscuro con le cime degli alberi ed arriva obliqua al soffice strato erboso che ricopre il terreno ai miei piedi. Potrei fermarmi qui, sedermi con la schiena appoggiata ad un tronco qualsiasi e restarmene lì in pace col mondo per chissà quanto, e la tentazione per un momento mi fa indugiare… ma ho anche voglia di fare un po’ di sana fatica, e continuo ad andare. Giunto al bivio per il Barba Ferrero, mi rendo conto che è davvero tardi (è quasi mezzogiorno!), e cambio destinazione, prendendo per il rifugio. Ora il sentiero si fa un po’ più “sporco”, e prosegue a lungo in falsopiano, tagliando a mezza costa la montagna fino ad uscire dal bosco. Ora, in mezzo ai rododendri, la testata della valle fa bella mostra di sé, con la parete del Rosa e i suoi ghiacciai a chiuderla, ed il neonato Sesia che fa sentire la sua voce laggiù in fondo. Il cammino procede tranquillo, con alcuni tratti un po’ più ripidi, il tempo per fortuna tiene, e l’aria si rinfresca per via del vento che ora si è alzato. E finalmente, in lontananza davanti a me, il rifugio di pietra grigia si lascia intravedere, fra il verde dei prati ed il grigio delle rocce con cui si confonde. Ma ci vuole ancora un po’, e manca da affrontare la parte più divertente.
Infatti, la traccia punta decisa verso alcune rocce che fanno da sponda ad un paio di torrentelli che belli decisi vanno a tuffarsi nel Sesia. Il guado non è difficile né pericoloso, e poco oltre passo in un punto un poco esposto, dove una corda fissa è messa lì più per avvertimento che altro.
Ormai è fatta, il rifugio è a pochi metri, in mezzo c’è solo l’ultimo torrente, ma non posso attraversarlo qui, perché se scivolassi rischierei di essere trovato nel Po… allora mi tocca risalire il pendio fino ad un ponticello di legno, per poi ridiscendere dall’altra parte fino all’Alpe Vigne, che è la mia meta.
Il rifugio è chiuso, ma trovo tre simpatici signori di Biella che mi offrono un bicchiere di rosso, e ci si mette a chiacchierare. Si stupiscono nel vedermi in giro per monti, da solo, di giovedì… pensano che tutti i ragazzi della mia età abbiano altri interessi che non i monti e la natura. Col più loquace dei tre si parla di avventure passate (le sue) e sogni di avventure future (le mie…), mentre lo sguardo si riempie della bellezza di un panorama che si può respirare. E ti fa sentire piccolo così, di fronte alla sua maestosità.
Fortuna vuole che durante la sosta le nuvole si diradino, e i ghiacciai e le rocce del Rosa si mostrino finalmente in modo nitido, bianco e nero contro il blu del cielo. Piramide Vincent, Punta Parrot, soprattutto Punta Gnifetti, con un quadratino nero proprio in cima… Capanna Regina Margherita. Che sogno.
Sono le tre quando, purtroppo, mi tocca rimettermi in marcia sulla via del ritorno, che in un paio d’orette mi riporterà alla macchina. Un saluto ai tre signori e sono di nuovo in cammino, lungo il sentiero più breve, che scende ripido per un bel tratto, fino a raggiungere il Sesia per poi costeggiarlo fin quasi all’Alpe Pile, dove mi fermo un attimo e mi giro per rivolgere un ultimo sguardo alla magnifica parete di roccia e ghiaccio.
In giornate come questa è lieve la fatica del camminare…

3 commenti:

Roger ha detto...

Hei Bru, guarda che la Capanna Regina Margherita è un sogno che dobbiamo realizzare insieme!!!

Brünig ha detto...

Lo so bene, e non siamo neanche i soli!

andrea ha detto...

mi cercavate???
eccomi...!!!